Il film di Michael Winterbottom "Shosana" è ambientato in Palestina nel periodo dal 1938 al 1945, prima della nascita dello Stato di Israele
Shoshana è un film Michael Winterbottom che affronta una questione drammaticamente attuale: la guerra che sta sconvolgendo la Palestina. Shoshana racconta la vicenda umana di questa donna che è la figlia del fondatore del movimento operaio sionista Ber Borochov: Irina Staršenbaum è l’interprete di questa figura femminile che porta dentro di sé un’apertura verso il mondo inglese e il mondo arabo.
In realtà questo film che è intitolato a lei come protagonista ha un altro personaggio che ha un grande spazio nella trama, si tratta di Thomas Wilkin (Douglas Booth), vice sovrintendente della polizia inglese, che ha un rapporto sentimentale con Shoshana. Il film racconta del periodo dal 1938 al 1945 in cui la Palestina è sotto il controllo coloniale inglese e mostra che vi sono due modalità di esercitare il potere da parte dell’Inghilterra: uno è quello di Wilkin, l’altro è quello di Geoffrey Morton (Harry Melling) che è il sovrintendente della polizia inglese e quindi è di fatto colui che decide la modalità con cui sviluppare la repressione sia del terrorismo ebraico, sia di quello arabo.
Morton è il funzionario che ha come strumento a cui affidare la sua funzione la violenza, lui è sempre determinato a prendere decisioni repressive, ha fiducia solo nel potere, Wilkin invece è un agente poliziesco, ma che crede nel dialogo con ebrei e palestinesi. È significativo che Wilkin non diventerà mai sovrintendente capo, così è altrettanto significativo che lui rimarrà in Palestina, perché come lui stesso dichiara in quella terra stava bene e pagherà colpe non sue.
Il film è molto interessante in quanto fa capire le origini del conflitto che è in atto oggi, proprio Morton e Wilkin rappresentano le due strade che in quel periodo che ha preceduto la fondazione si sarebbero potuto prendere: una è quella del potere che impone le sue regole, l’altra è quella della ricerca di una socialità in cui essere inglese, palestinese o ebreo non rappresenta una discriminante perché ciò che crea legami è il semplice fatto di essere uomini.
In quel periodo coloniale ha vinto la logica del potere violento e repressivo, mentre la posizione di apertura di Soshana e di Wilkin sono state sconfitte. È un film che fa capire un aspetto significativo: quando si sceglie per il potere l’umanità viene sconfitta. Wilkin rimane, crede in una possibilità di convivenza e per questo, ben sapendolo, si sacrifica. Soshana, ma vedendo la sconfitta, si arrende alla logica del potere, come se l’altra strada, quella che lei vedeva in Wilkin che amava, non potesse avere prospettiva.
Il film, raccontando quello che succedeva in quegli anni, facendo vedere come si muoveva il terrorismo proveniente dal mondo ebraico, mostrando i volti diversi del potere inglese, porta dentro un’amarezza profonda, come se in quegli anni si fosse persa un’occasione: se si fossero scelte persone come Wilkin forse la storia sarebbe andata in un’altra direzione. Ma uomini come Wilkin alla fine sono stati lasciati soli, perché da una parte e dall’altra si è creduto che ci fosse un’unica soluzione: quella di reprimere l’altro.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.