Nei giorni scorsi l'Ispettorato nazionale del lavoro ha reso noti i dati sulle ispezioni che sono state svolte nel 2024

Da quanto emerge dal rapporto sull’attività di vigilanza, le ispezioni effettuate nel 2024 dagli ispettori Inl (Ispettorato nazionale del lavoro), Inps e Inail sono state 158.069, il 42% in più rispetto a quelle del 2023. Gli ispettori dell’Inl hanno effettuato 139.680 ispezioni, 9.701 sono state realizzate dall’Inps e 8.688 dall’Inail. Per effetto di questi controlli sono stati recuperati oltre 1,2 miliardi di contributi previdenziali e premi evasi od omessi.



Nel complesso sono state ispezionate 90.831 aziende di cui sono risultate irregolari 65.096, con un tasso di irregolarità che raggiunge il 71,7% (69,8% nel 2023) e il 74% delle ispezioni si è conclusa con l’emersione di oltre 137.000 lavoratori irregolari. I provvedimenti di sospensione delle attività imprenditoriali sono stati 15.000, con un aumento del 34% rispetto al 2023; preoccupante, inoltre, il dato sulle 83.330 violazioni in materia di salute e sicurezza nelle 46.985 ispezioni effettuate (+126% sul 2023) soprattutto nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia.



I dati della relazione annuale sull’attività svolta nel 2024 dall’Inl evidenziano che, con la crescita dei controlli, sono oltre 120.000 i lavoratori interessati dalle violazioni, con un aumento del 15% sull’anno precedente, con un’emersione di lavoro nero che interessa 19.000 persone di cui 1.368 sprovviste di permesso di soggiorno, 1.226 sono vittime di caporalato e che la manodopera fittizia ha interessato circa 13.500 lavoratori.

Altro dato importante emerso dalla relazione è l’aumento degli ispettori avvenuto in questi ultimi due anni: dopo lo sblocco delle assunzioni, ferme da molti anni a causa del pareggio di bilancio dello Stato, il numero di ispettori al 31 dicembre 2024 cresce fino a 4.585 unità di cui 3.160 di Inl, 182 di Inail, 761 di Inps e 482 dei militari dell’Arma. Per il 2025 è stata comunicata una crescita di circa 450 ispettori per Inps e Inail, considerando che quest’ultimo istituto attualmente ha un calo di questa figura professionale di oltre il 10%.



Nel 2025 in Italia ci sono oltre 24 milioni di occupati e Inail assicura circa 21 milioni di lavoratori (compresi gli ultimi assicurati dall’istituto come il lavoro domestico, i rider, il personale della scuola, dell’università e gli studenti). Un dato Istat, fermo al 2021, evidenziava che nel nostro Paese vi erano 4,5 milioni di imprese; 3,2 milioni di queste sono assicurate con Inail e il 90% delle aziende ha meno di 10 lavoratori; invece, un terzo dei lavoratori è impiegato in aziende con oltre 50 dipendenti, il 50% della manodopera lavora in aziende da 20 a 50 dipendenti e il resto nelle aziende con meno di 20 dipendenti.

Ho riportato questi dati (numero di aziende e occupati in Italia) perché, seppur è importante l’aumento delle ispezioni con i buoni risultati riscontrati nel 2024 e la crescita degli organici, c’è da chiedersi come sia possibile avere un’efficacia di tutto il sistema ispettivo con solo 4.585 lavoratori.

Per poter contrastare lo sfruttamento, l’evasione e l’insicurezza nei luoghi di lavoro, la tutela della legalità e della dignità del lavoro è necessario garantire controlli efficaci e capillari attraverso investimenti strutturali in termini di risorse tecnologiche, di ulteriori organici e di maggior collaborazione e interazione tra le banche dati degli istituti di vigilanza.

Oltre a non abbassare la guardia attraverso le ispezioni degli organi competenti, che non devono essere solo interventi di natura repressiva ma forme di prevenzione che anticipano eventuali infortuni, bisogna proseguire a investire sulla prevenzione, attingendo anche ai finanziamenti messi a disposizione da Inail, occorre garantire un presidio in ogni realtà lavorativa, a partire dalle micro imprese, negli appalti e subappalti dove l’accadimento infortunistico è più frequente.

C’è quindi bisogno di sviluppare percorsi di continuo confronto affinché cresca un’effettiva sinergia tra le parti sociali e le istituzioni per tutelare la salute (malattie professionali) e la sicurezza (infortuni), attraverso la formazione di tutti i lavoratori (compresi quelli stranieri) e dei datori di lavoro, investimenti per nuovi macchinari e l’utilizzo di nuovi materiali (materie prime che in lavorazione non compromettano la salute). Bisogna anche investire sulle nuove tecnologie, che possono non soltanto ridurre la gravosità e la pesantezza del lavoro, ma garantire sempre di più chi lavora.

Così come è necessario realizzare e intensificare una campagna straordinaria sulla sicurezza, anche in ambito scolastico, per trasferire le adeguate conoscenze di base sulla prevenzione ai futuri lavoratori, partendo dai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto) e nelle esperienze degli stage per tutelare gli allievi e le allieve coinvolte.

In questo scenario non dimentichiamoci del ruolo fondamentale che le istituzioni devono tenere facendosi carico dei costi del sistema sanitario e fronteggiando gli effetti di una sfiducia sociale generalizzata a cominciare dalle famiglie colpite da lutti o da gravi avversità causati dagli incidenti sui luoghi di lavoro.

Bene ha fatto il Governo a introdurre il sistema di qualificazione delle imprese nel settore edile, attesa da molti anni, come la patente a punti, che però va ampliata a tutti i settori e di cui vanno accelerati i decreti attuativi che ne definiranno il funzionamento. Ma bene farà quando definirà con le parti sociali il Piano nazionale sulla prevenzione e sicurezza perché il nostro è l’unico Paese europeo a non averlo.

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