Siria, minoranze religiose a rischio pulizia etnica: dagli alawiti ai drusi, anche i cristiani sono in pericolo, ma l'Occidente continua a tacere

Nessuna conversione democratica in Siria, dove la violenza è ancora l’arma utilizzata per governare: lo ha denunciato, nei giorni scorsi, Domenico Quirico sulle colonne de La Stampa, spiegando l’evoluzione dei jihadisti, ai quali sarebbe bastato mettersi doppiopetto e cravatta per illudere l’Occidente di aver superato violenze e terrore. Ma la verità è un’altra, e parla, ad esempio, di drusi (altra minoranza sciita) a rischio di pulizia etnica, dopo aver messo gli occhi sugli alawiti, la setta sciita di Assad.



Il giornalista parla di almeno 2.000 morti, “massacrati e torturati nel modo più feroce, umiliandoli come bestie”; ma non si può parlare di pulizia etnica totale in Siria, perché volevano mandare un messaggio. Infatti, chi ha potuto si è dato alla fuga per sfuggire alla “soluzione finale”.

Siria, drusi superano il confine sul Golan (ANSA-EPA 2025)

In 30.000 avrebbero trovato rifugio in Libano. Ma ora è il turno dei drusi, con scontri a più riprese. Vengono condotte operazioni di pulizia etnica mascherate da vendette o punizioni per presunte offese religiose.



MINORANZE RELIGIOSE RISCHIANO PULIZIA ETNICA

In questo caso, il compito di punire coloro che vengono ritenuti peccatori è stato affidato ai beduini sunniti, alla luce delle loro vecchie ruggini: un regolamento di conti fermato dai bombardieri di Israele, che interviene per ragioni più geopolitiche che umanitarie. Ma è evidente, per Quirico, che vi sia una “ripulitura islamista” che parte dalle minoranze. “I cristiani saranno lasciati per ultimi”.

Se all’Occidente del destino delle minoranze religiose non importa, il discorso cambia per i cristiani: “Di fronte alla minaccia di quello che resta dei cristiani d’Oriente, c’è un piccolo rischio che si destino dall’incantamento che li ha colti per il figliuol prodigo jihadista”.



La denuncia della “pulizia etnica” in Siria, in particolare contro due minoranze (alawiti e drusi), va di pari passo con la denuncia del silenzio e dell’ipocrisia dell’Occidente di fronte a questi eventi, nascosti dietro la narrazione rassicurante del nuovo leader jihadista Ahmad al-Sharaa, noto anche come Al Joulani.

Il leader del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham ha “ripulito” la sua immagine, fingendosi moderato e democratico per ottenere legittimità internazionale; ma dietro questa facciata, secondo Quirico, si continua a portare avanti un progetto violento e settario, proprio come i suoi predecessori dell’ISIS.

LA FINZIONE DEMOCRATICA DELLA SIRIA

Presentato come una speranza di cambiamento, in realtà ha una gestione del potere che ripete le logiche autoritarie dei predecessori. Infatti, il nuovo governo promette inchieste e giustizia, eppure proseguono le stragi, come quelle degli alawiti. Il governo, nel loro caso, parla di “punizione” per insurrezioni locali, ma in realtà avviene una repressione brutale e indiscriminata.

Come evidenziato da Riccardo Cristiano su Formiche.net, anche le elezioni parlamentari rappresentano una finzione democratica, visto che sono annunciate per settembre, ma non c’è una legge sui partiti, il Paese è devastato e diviso, e c’è un meccanismo elettorale opaco.

Ci sono poi commissioni che non garantiscono equa rappresentanza etnica e religiosa. Inoltre, i profughi siriani (deportati sotto Assad) sono esclusi dal voto, perché si usa ancora il censimento del 2011 (prima della guerra): quindi non si sa se possano candidarsi dove vivevano o dove vivono ora.