Sono passati più di 30 anni dal 14 maggio 1987, il giorno in cui il Consiglio dei ministri europeo, da un’idea di Sofia Corradi, faceva nascere l’Erasmus (European Region Action Scheme for the Mobility of University Students). Encomiato e contrastato (in primis dagli inglesi, che quella volta si opposero), il celebre programma di studio all’estero ha creato la prima generazione di giovani europei. Ne parlava così Umberto Eco, da sempre un suo sostenitore: “Io la chiamo una rivoluzione sessuale, un giovane catalano incontra una ragazza fiamminga, si innamorano, si sposano, diventano europei come i loro figli”. In altre parole, un modo di acquisto della cittadinanza d’Europa. In 32 anni di vita, l’Erasmus ha fatto viaggiare (e magari innamorare) più di 4 milioni di studenti. Il dato sale a 9 se si includono gli scambi fra giovani, gli alunni degli istituti professionali, i docenti, i volontari e il personale Erasmus Mundus. Per la cronaca, i bambini nati dagli Erasmiani hanno superato il milione.
Chi è Sofia Corradi
Sofia Corradi, l’ideatrice del programma, è un po’ il nostro orgoglio (se è ancora lecito parlare di nazionalità e patriottismo). Sofia, ribattezzata “mamma Erasmus”, ha appena vinto il Premio Marisa Bellisario per quel lampo di genio che ha rivoluzionato il sistema universitario. “Non osavo sperare in un successo così, ma lo sognavo con tutte le mie forze”, dichiara a Tpi. Nata e cresciuta a Roma, Corradi ha “svoltato” nel 1957, quando si è trasferita in America grazie a una borsa di studio. Là ha conseguito un master in Diritto comparato presso la Columbia University, ma al ritorno in Italia ha scoperto che i suoi esami non potevano essere convalidati. Prima dell’Erasmus, infatti, non c’era modo di far riconoscere le esperienze di studio all’estero. È stato allora che ha intrapreso la sua piccola battaglia contro i rettori italiani e i ministri dell’Istruzione di tutta Europa, e alla fine ha avuto ragione lei.
La battaglia di Sofia Corradi
Non è stato facile farsi prendere sul serio. All’epoca, essere donna era ancora considerato uno svantaggio: “Mi faceva considerare meno che zero, a quell’epoca. Ricordo che più di una volta per riuscire a farmi passare al telefono qualche personaggio importante ho dovuto dire che ero la segretaria del professor Corradi, dato in inglese ‘professor’ valeva per maschio e femmina”. Sofia Corradi ha faticato molto per farsi prendere sul serio. Dalla prima volta che ha avanzato la proposta, partendo dall’Italia per poi bussare all’estero, ne sono passati di anni. 30, per l’esattezza. Nel frattempo ha incontrato e discusso con decine di persone, in un’infinita serie di riunioni apparentemente senza esito positivo. Quel “sì”, alla fine, è passato per un altro cambiamento: quello della società. ’68 e femminismo c’entrano poco, in questo caso. È stata semplicemente la naturale evoluzione di un modo di pensare, e in fin dei conti non poteva che andare così.