Continua il processo a carico di Giampiero Gualandi per la morte di Sofia Stefani: secondo il medico legale l'unica dinamica possibile è quella omicidiaria
Nella giornata di oggi si è tenuta una nuova udienza del processo a carico dell’ex comandante della Polizia locale di Anzola dell’Emilia (nel Bolognese) Giampiero Gualandi per la morte della vigilessa 33enne Sofia Stefani, per la quale è – di fatto – l’unico indagato, dato che il colpo di pistola letale per la donna sarebbe partito dall’arma d’ordinanza del superiore: l’uomo, 63enne, oggi era assente dal processo per via di problemi di salute e, tra gli interventi ascoltati dalla corte, c’è stato anche quello del medico legale Valentina Bugelli, incaricata più di un anno fa – subito dopo la morte di Stefani – di svolgere tutte le analisi del caso.
Partendo dal principio, è bene ricordare che la morte di Sofia Stefani risale allo scorso 16 maggio 2024, quando la vigilessa fu raggiunta alla testa da un singolo colpo di pistola sparato dall’arma d’ordinanza di Gualandi: fu lui a chiamare i soccorsi e da subito raccontò che tra i due era scoppiata una colluttazione, al termine della quale sarebbe partito – secondo la sua versione – per errore il proiettile letale; mentre poco dopo venne fuori che tra loro c’era stata una relazione extraconiugale ormai conclusa, con la 33enne che non riusciva ad accettarne la fine.
La tesi del medico legale sulla morte di Sofia Stefani: “Nulla fa pensare a una colluttazione con Gualandi”
Ovviamente, Gualandi finì da subito al primissimo posto dell’elenco degli indagati per la morte di Sofia Stefani e diverse settimane fa si è aperto il processo a suo carico: oggi – dicevamo già prima – è stato il turno del medico legale Valentina Bugelli, che ha letto le risultanze delle analisi condotte sul corpo della vittima, su quello dell’indagato e sull’arma dalla quale sarebbe partito il proiettile, riscontrando – a somme conclusioni – che l’unica dinamica possibile sarebbe quella “omicidiaria” e “volontaria”.
Secondo la dottoressa Bugelli, infatti, non ci sarebbe alcun elemento a supporto della tesi dell’indagato sulla colluttazione, data l’assenza di ferite sul corpo della vittima e dell’indagato, con la traiettoria stessa del proiettile inclinata “verso l’alto di 22 gradi” a una distanza tra “i 20 e i 50 centimetri” dal volto di Sofia Stefani, che confermerebbe la tesi omicidiaria; mentre indicativo, secondo la dottoressa, sarebbe anche il fatto che sull’arma non è stato trovato il DNA della vittima e che sulle sue mani non c’erano segni di bruciature compatibili con l’afferramento della pistola.
A confermare la tesi omicidiaria come unica utile a spiegare la morte di Sofia Stefani avanzata dalla dottoressa Bugelli, ci sono state anche le parole del consulente di parte civile Andrea Casolino, che ha confermato l’assenza di bruciature sulle mani della vittima, aggiungendo anche che i periti di parte non avrebbero riscontrato alcun segno del massaggio cardiaco che Gualandi avrebbe dovuto praticare alla vittima dopo l’omicidio, a maggior ragione nel caso in cui si sia trattato di un incidente.