Sondaggi in Germania: la CDU in testa al 28% ma Merz è sotto accusa dopo le frasi su Israele, tra critiche, denunce e tensioni internazionali
I sondaggi politici tedeschi aggiornati indicano che la CDU-CSU, sotto la guida di Friedrich Merz, guadagna consensi e raggiunge il 28% nelle intenzioni di voto, due punti in più rispetto alla precedente rilevazione condotta a maggio e si rafforza così la leadership dell’Unione conservatrice nel panorama tedesco, distanziando l’estrema destra di AfD che si conferma al 23%, mentre SPD e Verdi arretrano rispettivamente al 15% e 12%, seguiti dalla Linke al 10%, BSW al 4% e FDP in affanno al 3%.
Il sondaggio, elaborato da Verian su un campione rappresentativo di 1462 persone tra l’11 e il 17 giugno, delinea un quadro in cui l’elettorato si polarizza e cresce il favore verso l’opposizione, anche a causa della sfiducia sulle politiche estere e le dichiarazioni ufficiali che in questi giorni hanno dato vita a un dibattito dai toni a dir poco infuocati; nel frattempo, il consenso verso Merz rischia di scontrarsi con una nuova ondata di polemiche politiche e mediatiche.
Le sue parole pronunciate durante un’intervista alla ZDF, in cui ha definito l’intervento militare israeliano in Iran come “lavoro sporco fatto per tutti noi”, hanno generato indignazione a livello nazionale e internazionale, attirando l’attenzione di critici e intellettuali, ma anche di giuristi e attivisti che hanno presentato una denuncia penale contro il cancelliere per presunta violazione della Legge fondamentale tedesca.
Il commento, che riprendeva una domanda della giornalista Diana Zimmermann, è stato interpretato come un’approvazione implicita a un’azione di guerra non autorizzata e tra i firmatari della denuncia ci sono artisti come Dieter Hallervorden e politici del partito BSW, che contestano l’uso di un linguaggio che può giustificare violazioni del diritto internazionale e compromettere il ruolo diplomatico della Germania in un contesto già teso e delicato.
Sondaggi in Germania: le critiche a Merz si allargano anche sul fronte diplomatico e dividono l’opinione pubblica
Sondaggi e clima politico vanno a braccetto in un momento in cui la politica estera tedesca si trova sotto i riflettori, anche per l’attivismo diplomatico dei ministri europei a Ginevra: nelle scorse ore Johann Wadephul, Jean-Noël Barrot e David Lammy hanno condotto un difficile tentativo di mediazione con Teheran per contenere l’espansione del programma nucleare iraniano, nel tentativo di scongiurare un maggiore inasprimento del conflitto con Israele.
A rappresentare l’Unione Europea c’è anche Kaja Kallas, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, che condivide l’urgenza di rilanciare un dialogo costruttivo per evitare che lo scontro si allarghi e travolga le già fragili relazioni euro-mediterranee; le parole del cancelliere tedesco si inseriscono dunque in un contesto di grande fragilità geopolitica.
L’ex inviato speciale americano per l’Iran, Robert Malley, ha definito “sconcertante” la frase di Merz, ribadendo come una tale affermazione rafforzi l’idea di un’Europa disposta a legittimare la guerra preventiva, dimenticando i valori di equilibrio e giustizia che storicamente ne guidavano la politica estera; anche il politologo Johannes Varwick ha ribadito la gravità del messaggio trasmesso dal capo del governo, accusandolo di doppio standard e di promuovere un approccio che rompe con la tradizione pacifista tedesca.
Voci critiche si sono levate da più parti: la storica Kristin Helberg ha giudicato le parole del cancelliere non solo “deplorevoli” ma anche “spaventose”, mentre l’opposizione, soprattutto a sinistra, lo accusa di disprezzo per il diritto internazionale e di una visione troppo sbilanciata a favore di Tel Aviv; intanto, tra i cittadini, l’indice di gradimento personale di Merz registra una leggera flessione, pur non intaccando – almeno per ora – l’affermazione elettorale della CDU.
Sondaggi in Germania: tra spinta conservatrice e crisi di immagine il cancelliere fronteggia un’ondata di dissenso culturale e sociale
I sondaggi favorevoli non bastano a proteggere Friedrich Merz dall’ondata di critiche che da giorni scuote i settori culturali, accademici e politici, non solo per il contenuto della dichiarazione, ma per ciò che essa simbolicamente rappresenta nel clima internazionale attuale.
Il cabarettista Dieter Hallervorden, tra i firmatari della denuncia contro il cancelliere, che aveva già attirato l’attenzione pubblica mesi fa con un video contro le politiche israeliane a Gaza, ora ritorna protagonista, insieme a una ventina di altri personaggi pubblici, chiedendo conto delle parole pronunciate dal cancelliere in un contesto istituzionale come il G7; nella denuncia, depositata presso la Procura Generale Federale, si sostiene che affermazioni simili possano compromettere la convivenza pacifica tra le nazioni, principio cardine della Costituzione tedesca.
Nonostante l’esposizione mediatica del caso, i sondaggi non indicano al momento un contraccolpo grave per la CDU, che anzi continua a beneficiare della difficoltà degli altri partiti a costruire un’alternativa credibile, ma il rischio politico è più profondo e riguarda la credibilità internazionale di un governo che viene percepito come ambiguo e in cerca di legittimazione, soprattutto sui temi più delicati.
Anche a Bruxelles, alcuni europarlamentari hanno espresso disagio per la scelta lessicale del cancelliere, denunciando che queste affermazioni rischiano di indebolire l’unità europea in un momento in cui è invece richiesto equilibrio e coerenza, soprattutto nei negoziati con l’Iran; in attesa del prossimo ciclo di sondaggi, resta da capire se la tenuta della CDU sarà in grado di reggere alle nuove pressioni, sia quelle elettorali ma anche quelle, più profonde, che arrivano da una società sempre meno disposta a tollerare semplificazioni e linguaggi bellici in politica estera.