Sondaggi in Polonia: KO e PiS appaiati al 30%, Nawrocki spacca l’opinione pubblica, Tusk tiene e avverte sul rischio escalation
Sondaggi sempre più articolati raccontano una Polonia politica visibilmente spezzata in due, dove il partito europeista di governo, la Coalizione Civica di Donald Tusk, e il nazional-conservatore PiS si trovano esattamente alla pari, entrambi al 30%, ma con trend opposti: secondo i dati raccolti da Opinia24 tra il 9 e il 12 giugno, KO perde ben sei punti rispetto ad aprile, mentre il PiS guadagna leggermente, crescendo di un punto e tornando a respirare l’aria della competizione vera, e nel mezzo si muove una galassia di sigle che, sommate, rappresentano un terzo dell’elettorato.
La Confederazione, radicale e ultraconservatrice, si conferma al 15%, mentre il centro riformista di Polska 2050 e PSL crolla al 5%, e Razem – piccolo partito della sinistra alternativa – cresce al 5%, diventando ago della bilancia in un Parlamento che si prefigura sempre più frammentato e instabile; sondaggi, dunque, che riflettono uno scenario mutevole, con un centro progressivamente indebolito dalla polarizzazione e una volatilità in aumento tra gli elettori più giovani e incerti.
In questo clima, l’elezione alla presidenza di Karol Nawrocki ha agitato ancor di più le acque: i dati IBRiS mostrano un Paese spaccato con esattezza matematica: il 43,2% degli intervistati è convinto che Nawrocki sarà più indipendente dal PiS di quanto non lo sia stato Andrzej Duda, ma la stessa identica percentuale sostiene il contrario, un equilibrio perfetto che dice molto sul livello di incertezza che circonda ancora questa figura.
Solo il 13,6% dichiara di non avere un’opinione, ma più che disinteresse sembra una sospensione di giudizio, comprensibile per un presidente che si affaccia ora alla scena nazionale e il cui orientamento effettivo sarà giudicato dai fatti più che dalle parole.
Sondaggi, Nawrocki divide l’opinione pubblica: tra aspettative di autonomia e ritorno all’asse con il PiS
Sondaggi alla mano, Karol Nawrocki è già il protagonista silenzioso della nuova fase politica polacca e ufficialmente eletto come indipendente, sta però formando il suo staff pescando a piene mani dall’apparato del PiS: Paweł Szefernaker sarà capo della Cancelleria presidenziale e Przemysław Czarnek dirigerà l’ufficio del presidente, due nomi che parlano un linguaggio chiaramente riconducibile alla cultura politica degli anni di governo della destra sovranista, e se le prime mosse sono già così nette, il margine di manovra per una presidenza davvero equidistante si riduce notevolmente.
La coabitazione con Tusk si annuncia quindi faticosa, se non apertamente conflittuale, soprattutto perché in Polonia il presidente ha potere di veto sulle leggi, e il premier, pur forte del voto di fiducia ricevuto in Parlamento (243 voti contro 210), si trova ora a dover costruire giorno dopo giorno un equilibrio istituzionale che sarà tutto da inventare.
Ma sondaggi e analisi politiche convergono su un punto: Nawrocki è percepito come una figura ideologicamente più vicina alla Confederazione che al PiS, e questo – per molti osservatori – potrebbe persino complicare la situazione, creando una doppia pressione sul governo da destra, senza una vera opposizione parlamentare coesa e Donald Tusk lo ha detto con chiarezza davanti al Sejm: non sarà una coabitazione semplice, e anche se la vittoria di Nawrocki non è un terremoto, di certo rappresenta un ostacolo alle riforme europeiste con cui il suo governo è nato.
Per questo già nelle prossime settimane sarà avviato un rimpasto, con l’obiettivo di rafforzare le posizioni essenziali dell’esecutivo; Tusk sa che il tempo è poco, che la finestra di consenso non durerà all’infinito e che ogni passo dovrà tener conto di un presidente potenzialmente ostile, ma legittimato dal voto e da un’area del Paese che non ha mai smesso di diffidare del progetto europeista.
Sondaggi, la crisi Iran-Israele arriva in Polonia: Tusk avverte sul rischio escalation, ma Nawrocki tace
Sondaggi che iniziano a risentire anche di ciò che accade oltre confine, e non potrebbe essere altrimenti in un momento in cui l’escalation fra Iran e Israele sta mettendo in allerta l’intero continente: Donald Tusk ha scelto di esporsi con parole molto forti, affermando che non siamo mai stati così vicini a un conflitto globale dalla fine della Seconda guerra mondiale, e chiedendo a Stati Uniti e Unione Europea di unirsi in uno sforzo comune per evitare un’escalation irreversibile.
Le sue dichiarazioni hanno fatto il giro dei media internazionali, ma soprattutto hanno avuto un impatto netto sulla scena interna, dove il tema della sicurezza e della politica estera – spesso relegato a fondo pagina – torna oggi a occupare le prime righe dell’agenda politica: l’elettorato polacco, particolarmente sensibile a questi temi, guarda ora a Tusk non solo come capo di governo, ma come figura determinante per mantenere la Polonia ancorata all’Occidente in un momento che appare, sotto molti aspetti, potenzialmente esplosivo.
I sondaggi, in questo contesto, iniziano a rivelare uno spostamento di attenzione poiché cresce il peso dell’elettorato moderato, aumentano le attese verso il governo e diminuisce la pazienza nei confronti delle schermaglie ideologiche, ma ad ogni modo, dal fronte presidenziale non arrivano parole, né commenti: Nawrocki, ancora in fase di assestamento, sceglie il silenzio e lo fa forse per prudenza, forse per non esporsi su un terreno che – storicamente – è appannaggio della diplomazia.
Ma in assenza di segnali, l’impressione è che stia lasciando campo libero a Tusk, che nel frattempo rafforza il suo ruolo anche a livello europeo e così il premier polacco si muove su un doppio binario: da un lato tiene unito il fragile fronte interno, dall’altro ricorda ogni giorno all’Europa che la sicurezza non è mai una questione locale, e se i sondaggi confermano che la fiducia nel suo governo tiene, lo devono anche alla capacità di leggere il momento e di affrontarlo con la necessaria gravità.