I sondaggi in Romania danno Simion al 55% contro Dan al 45%: il ballottaggio presidenziale riflette lo scontro tra sovranismo e integrazione europea
Negli ultimi sondaggi, George Simion – leader nazionalista dell’AUR – vola al 55% nel ballottaggio presidenziale mentre il sindaco di Bucarest – Nicusor Dan – resta fermo al 45%, un distacco che non è soltanto numerico ma anche culturale, simbolico, generazionale: la Romania – punto d’incontro sensibile tra Est e Ovest – rischia difatti diventare il barometro del malessere europeo caratterizzato da un sovranismo sempre più preponderante, così come emerge chiaramente dai dati incontrovertibili dei sondaggi.
Simion ha affermato che il Paese non offrirà alcun aiuto all’Ucraina finché i romeni oltreconfine non verranno rispettati; etichettato da alcuni come “euro-realista”, il leader di destra porta con sé un passato contrassegnato da slogan anti-Ue e aperture alla retorica filo-russa e ha trasformato queste elezioni in una sorta di plebiscito contro l’élite tradizionale, accusata di corruzione endemica e lontananza dalle esigenze reali dei cittadini. Il suo programma si basa su protezionismo economico, tutela delle minoranze romene in Ucraina e una Nato “sotto guida americana”, in totale opposizione alla visione europeista di Dan che – contrariamente – sogna un’integrazione estesa a Kiev e Chișinău.
Dan – cercando di ricucire il tessuto politico e sociale – ha insistito sul ruolo della Romania come ponte tra mondi ma i numeri sembrano penalizzarlo: la sua proposta di stabilità e pragmatismo fatica a reggere il confronto con la spinta emotiva e vendicativa di Simion, che promette di ripulire lo Stato da chi considera “traditore”.
Il contesto, già rovente, è stato reso ancor più teso da quanto accaduto pochi mesi fa con le elezioni che sono state annullate per presunte interferenze straniere e oggi l’ombra lunga di Mosca torna a proiettarsi sulle urne; Simion – dal canto suo – da una parte, giura fedeltà alla Nato, dall’altra, minaccia il blocco degli aiuti militari a Kiev se i diritti della minoranza romena non verranno riconosciuti.
Intanto, Bruxelles assiste preoccupata: un’affermazione elettorale dell’AUR potrebbe avere un effetto domino, rafforzando movimenti simili in Polonia, Ungheria o Slovacchia, proprio mentre l’Europa dovrebbe mostrarsi compatta di fronte al conflitto ucraino.
Sondaggi e tensioni geopolitiche: la Romania crocevia tra Europa e sovranismo identitario
Simion – che accusa apertamente i burocrati di Bruxelles di non ascoltare il popolo – sostiene di essere in vantaggio nei sondaggi perché, a suo dire, la sua campagna nasce “dalla piazza e non dai palazzi”, mentre Dan tenta di rassicurare i mercati e i partner internazionali ribadendo l’impegno del Paese verso l’Occidente ma secondo i sondaggi la Romania è spaccata lungo linee profonde, da un lato le metropoli (dove Dan resta forte) dall’altro le campagne – roccaforte dell’AUR – una spaccatura che riflette anche lo scarto tra giovani urbani, affascinati dai programmi Erasmus e dalla mobilità europea, e operai delle aree industriali abbandonate, stremati e più sensibili alla retorica populista.
Non sorprende, dunque, che Simion evochi spesso Donald Trump, ispirandosi al suo stile provocatorio e al suo uso della paura del declino nazionale come arma politica; per lui, i trattati internazionali sono diventati i perfetti capri espiatori di decenni di frustrazione popolare.
Ma la questione, stavolta, non si limita ai confini della Romania in quanto con l’Ucraina in guerra e la Moldova in una posizione estremamente delicata, un’eventuale vittoria di Simion potrebbe minacciare gli equilibri strategici del fianco orientale della Nato e il segnale è già arrivato forte: il premier uscente, Marcel Ciolacu, ha rassegnato le dimissioni dopo il primo turno (un gesto che mostra quanto il sistema politico rumeno sia ormai vicino al collasso) mentre Dan promette una rivoluzione amministrativa capace di raddoppiare il PIL e sradicare la corruzione, Simion punta tutto sulla difesa dell’identità dichiarando che ogni cittadino romeno sarà protetto ovunque si trovi.
Ma il vero paradosso si nasconde dietro il volto stesso dell’AUR: nato come movimento anti-sistema nel 2019, ora rischia di diventare a tutti gli effetti il nuovo establishment, una trasformazione che racconta quanto sia profonda la crisi delle sinistre e quanto frammentato sia il Parlamento e – in questo scenario – Simion potrebbe addirittura aprire la porta a una Romania che si propone come laboratorio politico per il sovranismo europeo, un cambiamento strutturale, più che elettorale.
Intanto, da Bruxelles si levano voci sempre più allarmate: Manfred Weber, presidente del PPE, ha dichiarato su X che la decisione dei socialdemocratici rumeni di non appoggiare Dan è “semplicemente inaccettabile” chiedendo un impegno netto contro ogni forma di estremismo e ribadendo il pieno sostegno del suo gruppo al candidato pro-Europa. La replica di Simion – lapidaria e provocatoria – è arrivata pochi minuti dopo: ha chiesto se anche il popolo romeno abbia diritto al voto oppure se il suo volere sia, anche questo, “semplicemente inaccettabile”.
