La Spagna valuta di abbassare il diritto di voto a 16 anni: secondo la giornalista Morales è solo una facciata politica per ignorare i problemi

Quella fatta dalla giornalista e analista politica spagnola Estefanía Molina Morales sulle pagine del quotidiano El País è un’interessante riflessione su quella proposta di aprire al diritto di voto in Spagna anche per i 16enni, fatta recentemente dal Ministero della Gioventù e dell’Infanzia del governo socialista guidato da Pedro Sánchez: una proposta che parte dal presupposto di rendere i giovani più partecipi della vita politica della Spagna, rendendoli parte di quel grosso processo democratico; mentre, dal conto di Morales – e ci arriveremo – si tratta solo di un tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto, offrendo una mezza soluzione che di fatto non porterà a nulla.



Partendo dal principio, l’annuncio del diritto di voto concesso ai 16enni in Spagna sarebbe stato fatto pochi giorni fa dal dicastero che si occupa delle politiche giovanili, rispondendo – a suo parere – a una “richiesta storica” che renderà i giovani parte del “processo partecipativo” della politica; mentre è interessante sottolineare anche che, dal conto suo, il portavoce del governo socialista Pilar Alegría ha prontamente smentito il collega, sostenendo che per ora non sarebbero ancora state avviate discussioni ufficiali in merito da parte del Consiglio ministeriale.



Estefanía Molina Morales: “Il diritto di voto ai 16enni in Spagna è una facciata politica per ignorarli”

Venendo a noi, secondo la giornalista Estefanía Molina Morales, l’ipotesi mossa dal Ministero della Gioventù e dell’Infanzia della Spagna altro non sarebbe che un “lavoro di recupero”, per provare a invertire quel “tasso di povertà infantile” che sul territorio spagnolo è il più alto d’Europa – con “un adolescente su tre che non raggiunge gli standard di vita di base” – illudendoli che, se andranno a votare, “il sistema li ascolterà” e darà peso ai loro timori e alle loro richieste.



La realtà – spiega ancora la giornalista – è che in Spagna, come in ogni altra democrazia occidentale, il perno della vita politica resterà “la generazione del baby boom”, più numerosa e più economicamente rilevante rispetto ai giovani: “Abbassare l’età per votare a 16 anni – spiega – potrebbe essere la facciata di cui il sistema ha bisogno per continuare ad abbandonare i giovani”, con il semplice pretesto di far finta di “garantire [loro] maggiori libertà”.