Ex giocatore di football, malato per i traumi subiti, uccide in un edificio di New York. Muore un poliziotto padre di due bimbi e con la moglie incinta
Una sparatoria in un grattacielo di Park Avenue, Midtown Manhattan, nel cuore della citta’ dove tutto e’ spettacolarmente bello e maestoso. Quattro morti nella sparatoria piu’ sanguinosa degli ultimi 25 anni.
Sembra impossibile.
Una delle cose che piu’ mi colpi quando arrivai a New York piu’ di trent’anni fa fu l’inaspettato senso di mancanza di pericolo, di sicurezza che ti accompagnava girando per le strade dei cinque “Boroughs”, dei cinque distretti di cui e’ fatta New York City. L’epoca Giuliani (Giuliani prima che perdesse il lume della ragione) era appena cominciata, ma gia’ la trasformazione e pacificazione della Big Apple faceva i primi passi, era avviata, percepibile, visibile.
C’erano ancora qua e la’ piccole aree dove era meglio non andare, dove si sparava, dove il crimine abitava quasi indisturbato, dove il colore della pelle ti permetteva o meno l’ingresso. Ma la macchina della “gentrification” si era messa in moto: si prende un’area urbana povera, i potenti developers comprano tutto e il carattere di quell’area viene trasformato dall’arrivo di persone più ricche, dalle ristrutturazioni di edilizia civile, da nuove attività commerciali attirate da questi cambiamenti. Il tutto alle spese dei vecchi abitanti che finiscono espulsi dalle nuove condizioni di vita. Ma questa e’ storia, il presente e’ diverso.
Molte cose sono cambiate, soprattutto con la pandemia che a New York e’ costata (si stima) oltre 45,000 vite umane. Il crimine ha ripreso vigore, il senso di insicurezza ha ripreso a soffiare e ad accompagnare la vita quotidiana.
Tuttavia vedere Shane Devon Tamura, un giovane di 27 anni camminare lungo Park Avenue ed entrare in un grattacielo imbracciando un mitragliatore sembra inimmaginabile. Eppure e’ successo.
Quante volte abbiamo riportato le tragiche statistiche degli “shootings” in America. Ogni giorno negli Stati Uniti le armi da fuoco portano via 125 vite. Tanti suicidi e tanti omicidi. Cosi anche a Park Avenue.
L’ultima volta che una sparatoria di massa così sanguinosa si verifico` a NYC fu nel 2000. Una rapina a mano armata in un fast food di Wendy’s, nel Queens, costata la vita a cinque persone.
Ma cosa ha spinto Shane Devon Tamura a fare quel che ha fatto, uccidere e spararsi?
Secondo alcune fonti, per parecchio tempo Tamura era stato un giocatore di football a livello agonistico, soprattutto negli anni di highschool. Pare che nelle sue tasche sia stato rinvenuto un biglietto d’addio in cui l’omicida esprimeva dolenti lamentele nei confronti della NFL (National Football League, la Lega del Football professionistico) e affermava di soffrire di CTE (Chronic traumatic encephalopathy), una malattia legata a trauma cranici, probabile conseguenza dello sport praticato cosi a lungo. Ma per metterci addosso ancora piu’ senso di vertigine di fronte a questo dramma crudele bisogna dire che molto probabilmente Tamura ha sbagliato obiettivo.
Il 345 di Park Avenue, l’edificio dove e’ avvenuta la sparatoria, ospita gli uffici della NFL e di una societa’ di investimenti, la Blackstone. Sbagliando ascensore Tamura sarebbe finito agli uffici della Blackstone invece che a quelli della NFL trovandosi cosi faccia a faccia con Didarul Islam, poliziotto, 36 anni, immigrato dal Bangla Desh, padre di due bambini e con la moglie incinta. La prima vittima di questa tragedia.
Questo e’ l’infinito Mistero della vita e della morte.
God Bless America!
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