L’associazione ALS e Anaao Giovani ha elaborato i dati delle effettive immatricolazioni del 18 ottobre 2023 al concorso di specializzazione d’area medica 2023. Come spiega Quotidiano Sanità, la situazione è più grave rispetto allo scorso 6 ottobre e soprattutto rispetto al 2022. I contratti rimasti liberi sono complessivamente 6.125, di cui 5.095 contratti statali. Il tutto su 16.165 contratti banditi (ossia il 38%) e su 1.648 contratti che erano precedentemente assegnati ma che non hanno avuto successiva immatricolazione.
Il tutto “confermando che la scelta di aumentare indiscriminatamente tutte le tipologie di contratti utilizzando un algoritmo inefficiente, senza una idonea programmazione e soprattutto senza una riforma della formazione medica non poteva che portare a queste conseguenze”. Infatti, “il numero di contratti di medicina di emergenza–urgenza non assegnati rappresentano il 76% dei posti sul bando, un netto peggioramento rispetto al 2022 quando i contratti non assegnati rappresentavano il 61%”. La situazione è peggiorata rispetto all’anno scorso: secondo il report ci saranno 128 specializzandi d’emergenza urgenza in meno.
L’allarme: “Meno specializzandi in medicina d’emergenza”
Nella “denuncia” dell’associazione ALS e Anaao Giovani si legge ancora: “Sono stati banditi 855 contratti statali di medicina di emergenza-urgenza con un finanziamento economico di € 109.440.000 per avere un quarto dei posti assegnati, e i dati storici degli scorsi concorsi ci dicono che il 20% di costoro abbandonerà durante gli anni di specializzazione. Pertanto, tra cinque anni avremo meno di due nuovi specialisti di medicina di emergenza per ogni provincia italiana (1 specialista MEU ogni 125.000 abitanti)”. Per questo vengono chiesti 30 giorni per posticipare la presa di servizio del concorso 2023 per aumentare gli scaglioni straordinari previsti.
A preoccupare sono soprattutto alcune branche della medicina, tanto che il rapporto delle due associazioni prosegue con un interrogativo: “Davanti a questi dati incontrovertibili, la domanda che deve essere posta a tutti coloro che si occupano di politica sanitaria è la seguente: “come risolviamo la cronica e pericolosa carenza in branche come la medicina d’emergenza e Radioterapia?””. Le associazioni maggiormente rappresentative dei medici specializzandi non hanno dubbi: l’unica soluzione è riformare la formazione medica post-lauree. Stop al contratto di formazione, sì ai learning hospital, con specializzandi che hanno i diritti e i doveri dei dirigenti medici in un contratto incardinato nel CCNL con retribuzione e responsabilità crescenti.