SPILLO CGIL/ Le certezze “alla cieca” di Landini su inflazione e patrimoniale

- Giuliano Cazzola

Maurizio Landini sembra avere tante certezze e nessun dubbio nel criticare le scelte del Governo e indicare la rotta che dovrebbe seguire

Landini_Maurizio_Lapresse Maurizio Landini (LaPresse)

Immaginiamo che Maurizio Landini abbia inviato un telegramma di felicitazioni a Jean-Luc Mélenchon per l’importante risultato elettorale conseguito (quasi il 22%) nelle elezioni presidenziali di domenica in Francia. Il leader della Cgil ha trovato una forza politica che lo rappresenta; peccato che operi Oltralpe. Non ha nulla da spartire con i resti del Pcf né con quelli dei socialisti, ma propugna un radicalismo di sinistra che ricorda molto quello di Landini, a partire dal linguaggio che rimane sui toni classici: i “ricchi”, il “profitto”, il “nuovo modello di sviluppo”, un pacifismo che pencola di più dal lato della Nato che di Vladimir Putin. Per accreditarsi con il leader che sullo scenario europeo ha preso il posto che fu occupato per pochi mesi da Tsipras, prima di convertirsi al credo del Fmi, Landini avrebbe potuto inviare a Parigi con una pec, copia della sua intervista alla Repubblica, nella quale torna ai fondamentali della lotta di classe. 

Se qualcuno pensa di proporre un Patto sociale per moderare i salari, fa un errore e sappia che la Cgil non è disponibile a firmarlo”, ha tuonato Maurizio Landini. “Questo è il momento di adeguare le retribuzioni e le pensioni all’inflazione reale, lavoratori e pensionati non hanno più nulla da dare, hanno già pagato e non si torna indietro”. 

Nell’incontro del 7 aprile il presidente del Consiglio, Mario Draghi, aveva proposto di avviare dopo Pasqua un confronto tra Governo e parti sociali sull’emergenza economica provocata dalla guerra in Ucraina. Il leader sindacale è pronto al negoziato purché ci sia solo da prendere senza dare. E, mentre il Governo si arrabatta in giro per il mondo a cercare forniture alternative che, almeno in modo parziale, sottraggano l’Italia dal cappio del gas e del petrolio russo, Landini rilancia con la proposta di un Piano sull’energia fondato sulle rinnovabili. Ovvero su di un falò di buone intenzioni. Mentre il Governo pensa al carbone e ai rigassificatori, è singolare – lo diciamo per inciso – che il trasporto di gas liquido dagli Usa incontri delle difficoltà perché il sindacato di Piombino si oppone a ospitare il rigassificatore galleggiante recuperato a fatica dal Governo. Tornando a Landini, nel corso dell’incontro con il Governo, aveva per conto suo già calcolato il necessario fabbisogno di una manovra di emergenza; così, ripete nell’intervista ciò che aveva dichiarato subito dopo aver dialogato con Draghi. “Non bastano i 5 miliardi ipotizzati dal Governo: sono assolutamente insufficienti”. Ma che cosa propone la Cgil?

“Abbiamo chiesto una moratoria sul pagamento dei mutui come durante il periodo del Covid, servono ulteriori risorse per rifinanziare il fondo a sostegno degli affitti e morosità incolpevole per evitare che ripartano gli sfratti. Abbiamo posto il tema della tutela del salario, delle pensioni e dei redditi delle partite Iva di fronte all’impennata dell’inflazione”. Poi ecco la descrizione politicamente corretta del Paese: “In Italia ci sono 5 milioni di persone che lavorano ed hanno un reddito sotto i 10 mila euro l’anno. La povertà sta crescendo. Pensiamo che il bonus energia debba essere esteso oltre i 12 mila euro di reddito Isee, che vada allargata l’area della decontribuzione e innalzata la quattordicesima delle pensioni più basse e allargata la platea; poi, almeno per quest’anno, indicizzare all’inflazione reale le detrazioni a favore dei lavoratori. Se non si interviene rapidamente ed efficacemente la situazione sociale può diventare esplosiva”.

Sarebbe il caso, allora, di aderire alla proposta di Draghi; almeno per andare a vedere che carte ha in mano. Se Landini si rivolgesse a qualche ex sindacalista di quelli che hanno conosciuto gli effetti dell’inflazione a due cifre e due decine, questo ex collega cercherebbe di spiegargli che l’inflazione non si combatte creando maggiore inflazione. I salari si gonfiano, ma il loro valore reale di riduce. Certo l’Ipca è un sistema di indicizzazione pensato in un’altra fase, ma la sua mission fu pensata proprio per situazioni come quella attuale: stralciare dagli incrementi la c.d. inflazione importata, in particolare di quei prodotti energetici (e non solo) che l’apparato produttivo è costretta a importare. Se non ora quando? Sarebbe proprio questo il momento di una politica dei redditi, che eviti una rincorsa salariale purchessia e trovi altre forme di tutela del potere d’acquisto delle retribuzioni. Se gli aumenti retributivi seguono l’inflazione, finiscono per consolidare i relativi tassi e il salario non aumenta in termini reali. 

Alla domanda ovvia sul rischio di uno scenario da anni Settanta con la rincorsa prezzi/salari, Landini risponde con la certezza di un economista: “Assolutamente no. È vero il contrario: se non aumentiamo il potere d’acquisto delle persone e dunque la domanda interna finiamo dritti in una nuova recessione. Dobbiamo rilanciare la domanda e il mondo del lavoro, con tutta la sua drammatica precarietà, non ha nulla da scambiare, ha già dato. Questo semmai è il momento di prendere”. 

Eppure, a fronte di una seria politica dei redditi che aggiorni sul piano contrattuale gli strumenti di difesa del potere d’acquisto, il Governo potrebbe agire sul terreno fiscale, come ha già fatto con la fiscalizzazione della contribuzione sociale nella Legge di bilancio. Proseguendo nell’intervista continuiamo a imbatterci nel Landini dello sciopero generale del dicembre scorso: un insieme di critiche general-generiche che prendono di mira più o meno tutta la politica del Governo: dalla delega fiscale, ai limiti della lotta all’evasione, fino alla richiesta di misure sugli affitti e gli sfratti. Per fortuna, nel suo furore espositivo il leader della Cgil ha dimenticato di chiedere nuovamente il blocco dei licenziamenti. 

È triste osservare che il leader di una grande organizzazione sindacale, innervata nella storia del Paese, si muova come un giocatore bendato che, armato di una mazza, tenta di colpire la pignatta appesa a un albero, ripiena di salamini alla cacciatora. Solide certezze, nessun dubbio; e l’ostinazione di coloro che sono nati a Castelnuovo de’Monti (Re), il cucuzzolo di una montagna su cui nevica sempre. Nei decenni fedele ai suoi principi, infine, Landini non rinuncia alla proposta di una patrimoniale. “Abbiamo ripreso un’idea di contributo di solidarietà lanciato a dicembre proprio dal presidente Draghi ma bocciato dalla sua maggioranza di governo. Pensiamo a un contributo di solidarietà straordinario che pesi sulla parte più ricca del Paese e alla tassazione degli extraprofitti, non solo da quelli realizzati nel settore dell’energia”.

Alla fine che cosa dobbiamo aspettarci dalla Cgil? Nulla. A Landini basta la parola (dixi et servavi animam meam); quanto ai fatti si vedrà. Chi non ricorda la vicenda del green pass? Il leader della Cgil sollevò un gran polverone, contrastando quella misura e rivendicando la vaccinazione obbligatoria. Abbiamo gestito il green pass ed evitato l’errore dell’obbligo. Poi è arrivata la guerra in Ucraina. Landini non ha esitato a condannare Putin con parole dure che altri non hanno avuto; nello stesso tempo si è infilato nel rifiuto di armare gli ucraini e nel sollecitare l’intervento della diplomazia. Ma al dunque è tornato a occuparsi di pensioni.

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