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Home » Economia e Finanza » Economia UE » SPILLO/ I finti cambiamenti che ci lasciano lontani dalla crescita

  • Economia UE
  • Economia e Finanza

SPILLO/ I finti cambiamenti che ci lasciano lontani dalla crescita

Giovanni Passali
Pubblicato 1 Gennaio 2024
Foto di Peggy und Marco Lachmann-Anke da Pixabay

Foto di Peggy und Marco Lachmann-Anke da Pixabay

Il 2023 non è stato un anno esaltante per l'economia italiana e non sembra ci siano ragioni per pensare possa arrivare una svolta

Il 2023 è ormai alle spalle. Cosa dire di questo anno così intenso di avvenimenti? Sembra difficile poter fare una sintesi, tenendo presenti tanti avvenimenti così intrecciati e dipendenti l’uno dall’altro, ma ci può aiutare molto la lettura degli ultimi indicatori economici.

Per l’Italia, le cifre parlano chiaro: come crescita del Pil siamo al gelo, siamo allo zero su base trimestrale e allo 0,6% su base annua. Un risultato che non è così male, se facciamo il paragone con gli altri Paesi della zona euro, dove per esempio la Germania è in recessione, avendo avuto il Pil negativo per due letture consecutive. Ma è un disastro se si pensa al 2022, cioè l’anno della guerra in Ucraina e delle sanzioni, con l’economia segnata da un’inflazione pesante, troppo pesante.


SPY FINANZA/ La partita energetica parallela al piano di pace di Trump


Da allora l’inflazione non è stata mai negativa, cioè i prezzi prima si sono alzati e poi non sono scesi: anzi sono saliti ancora, anche se di una percentuale minore. Ma sono comunque saliti e sono rimasti alti, questo è il danno che continua ancora oggi.

A questo si è aggiunta la manovra delle banche centrali, che hanno alzato i tassi a un ritmo mai visto nella storia. Il denaro è divenuto più caro, mutui e finanziamenti sono crollati e con meno denaro in circolazione necessariamente l’economia prima smette di espandersi e poi inizia a calare.


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Ma forse un grafico, preso direttamente dalla Banca d’Italia, dice meglio di tante parole.

Ecco, questo è l’andamento dei prestiti in Italia negli ultimi 13 anni, cioè dal 2011 incluso, fino al terzo trimestre 2023.

L’ultimo tratto discendente è proprio il 2023 e rende evidente come, in un contesto già gravemente compromesso, l’azione delle banche centrali e in particolare della Bce abbia aggravato ancora di più la situazione.

E se si vuole avere un’idea di come andranno le cose, bisogna guardare questo grafico, perché il denaro che viene preso in prestito oggi è il denaro che circolerà domani e dopodomani e che determinerà la possibilità (o l’impossibilità) di crescita del Pil e dell’economia tutta.


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Ora occorre comprendere che l’assurdità delle “regole europee uguali per tutti” crea e produce nei fatti l’aumento delle disuguaglianze, poiché quei geni che guidano l’Ue e la Bce si dimenticano sempre qualche parametro vitale della complessa equazione che governa l’economia. Nel nostro caso, nel caso italiano, si sono dimenticati del fatto che la dinamica dei prestiti non dipende solo da una variabile, cioè il tasso di interesse, cioè il costo del denaro preso a prestito, ma anche dall’entità dello stipendio.

E qui nel caso italiano siamo messi molto male, perché come le statistiche mostrano da diversi anni, dal 1991 a oggi lo stipendio medio è cresciuto di un misero 1%, mentre la media Ocse è di una crescita intorno al 30%.

E così non dobbiamo stupirci di leggere sul Sole 24 Ore titoli del tipo “Gelata dei prestiti alle aziende. Italia ultima in Europa (-3,7%)”. E leggere nel testo dell’articolo che mentre da noi i prestiti sono in calo, in Francia e Germania aumentano in maniera robusta (rispettivamente + 5% e + 4,6%).

Se è pur vero che, dopo aver toccato il fondo, prima o poi le cose migliorano, è altrettanto vero che le cose non cambiano da sole, ma occorre un radicale cambiamento. Come sembra abbia detto Albert Einstein, è follia attendersi risultati diversi facendo le stesse azioni. E qui di cose radicalmente diverse non ne abbiamo viste, anche se di Governi ne abbiamo visti di tutti i colori. Anche l’attuale governo fin dal primo insediamento ha chiarito che avrebbe mantenuto (nei settori principali) la direzione data dal Governo Draghi. Ma non erano all’opposizione?

Quello che occorre sono investimenti di Stato, insieme a un vasto piano di aumento degli stipendi statali, per provocare un corrispondente aumento degli stipendi del settore privato. E allo stesso tempo occorrono robusti tagli alle tasse.

Come fare, se non tornando alla sovranità monetaria, in modo da poter stampare tutta la moneta che serve per tali scopi? Si potrebbe fare con l’Euro, emettendo titoli e aumentando il debito. E qui si rende evidente che il non problema non è solo la moneta Euro, ma tutto il sistema di assurde regole che, insieme all’Euro, impediscono la crescita e lo sviluppo economico.

Regole assurde che l’attuale Governo ha appena rinnovato accettando il nuovo Patto di stabilità, che include qualche cambiamento marginale. Non è così che cambierà qualcosa nel triste quadro economico che ci attende il prossimo anno

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Tags: InflazioneMario DraghiRecessione

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