Lo shutdown non causerà danni agli Usa, ma sarà anzi funzionale a Fed e Tesoro. L'Europa è invece in una situazione più grave

Non fatevi abbindolare dallo shutdown. Mediamente non dura più di 8 giorni. Avete letto bene, lo confermano le serie storiche. E non basta. Nell’86% dei casi, lo Standard&Poor’s 500 ha chiuso In positivo l’anno successivo al blocco dell’attività federale. Media di rialzo? Il 13%. Durante i 35 giorni di shutdown del 2018, l’S&P’s 500 ha segnato un +11,5%. E cosa più importante, tendenzialmente la Fed si comporta più da colomba, se viene sospesa la pubblicazione di dati macro.



Eh già, ecco ciò che potrebbe tramutare quello che viene dipinto come un Armageddon occupazionale (in tal senso, debitamente aizzato dagli annunci via X del Presidente) in qualcosa di decisamente favorevole. Fra quattro settimane, la Fed si riunirà nuovamente. E lo farà in un cosiddetto regime di data freeze. Congelamento dei dati macro. E non rispetto a numeri che non pesino. Anzi, trattasi di macigni market movers.



Lo shutdown, infatti, inibirà la diffusione di dati relativi a richieste di disoccupazione, posti di lavoro non agricoli, indice dei prezzi al consumo e alla produzione, vendite al dettaglio, ordinativi industriali, indice dei trend occupazionali (Conference Board), Pil, vendite di nuove abitazioni e permessi di costruzione. E, dulcis in fundo, esportazioni e importazioni. Ovvero, la cartina di tornasole di quanto la minaccia di tariffe stia operando non tanto a livello di bilancia commerciale, quanto di entrate fiscali. Ovvero, il finanziamento occulto di buybacks di debito da parte del Tesoro.



In compenso, un dato è stato reso noto nella giornata di mercoledì prima dello stop. Nel mese di settembre, le imprese private Usa hanno perso 32.000 posti di lavoro contro attese di un +54.000. E come se non bastasse, la revisione del payrolls di agosto (tanto per cambiare) ha visto il dato da +54.000 a -3.000. Praticamente, 50 punti base di taglio che irrompono prepotentemente nel menù del Fomc previsto per il 28-29 ottobre.

E attenzione, perché a novembre – salvo emergenze – non è prevista decisione di politica monetaria. Si passa direttamente al 9-10 dicembre. Una vera e propria tentazione di jumbo-cut.

Perché tutto questo conta? Per due motivi. Il primo è contenuto in questi due sondaggi, rispettivamente di Polymarket e Kalshi, in base ai quali per la maggioranza degli interpellati (54%) quello in atto sarà uno shutdown decisamente più lungo del solito con un massimo atteso di 29 giorni, mentre il numero minimo è previsto in 14 giorni. Tanti. Tantissimi. Ed estremamente comodi, stante allo scenario appena delineato. Attività parallela, silenziosa e sotterranea del Tesoro Usa in testa.

Il secondo ha paradossalmente a che fare con l’Europa. E il fatto che il Vecchio continente stia, più o meno consapevolmente, guardando al dito Usa dell’ennesimo gioco delle parti per evitare di prestare attenzione alla Luna dei suoi guai.

Questo encefalogramma piatto collettivo dovrebbe far riflettere. Perché si sta giocando con la fiducia dei cittadini. In maniera questa volta pericolosa. Non la solita retorica elettorale. Bipartisan. Ma un bluff sistemico. Che, come tale, potrebbe non riuscire a pieno. E tramutare l’ennesima partita truccata in una resa dei conti.

Questo encefalogramma piatto collettivo è l’andamento dei titoli di Stato di Grecia, Italia, Portogallo e Spagna. I mitologici Pigs della crisi del 2011. La Bce ha letteralmente anestetizzato le dinamiche del mercato obbligazionario sovrano. Di fronte a noi c’è la Guernica dello spread, la Spoon River del fair value. La giapponesizzazione del debito periferico Ue in olio su tela. Cui ora occorre unire la variabile francese. Perché la definisco tale, variabile, nonostante i numeri?

Cronaca. La crisi transalpina è sparita. I fondi – e non certo locusta – comprano Oat. Nessun Gilet giallo o di altro colore e con profilo di massa che paia alle porte. Emmanuel Macron? Saldamente all’Eliseo. Piaccia o meno. La Francia ha un problema fiscale? Sì. Enorme. Ma almeno dal 2021. La Francia rischia un destino greco? No. Perché ha banche sistemiche. E un sistema creditizio che gioca un po’ troppo con Level 3 e trading desks, sicuramente. Ma evita la pratica da contorsione ciclica del gioco dell’Opa che sottende le magnifiche sorti e progressive dei vari e variopinti Terzi, Quarti e Quinti Poli italiani.

Pensate che il problema che voglio evidenziare sia in realtà un ridimensionamento del valore simbolico del nostro appaiarci ai rendimenti francesi? Pensate sia per una questione di appartenenza o anche solo simpatia politica? Pensate malissimo. In un caso e nell’altro. Lo penso semplicemente perché mettere in scena di nuovo il gioco del poliziotto buono e cattivo sulla tassazione degli extra-profitti bancari in un momento come questo non solo è ridicolo. Ma insultante.

Tutti sanno che non passerà mai. Tutti sanno che le banche non forniranno mai quei 5 miliardi per il ceto medio. Il quale, come sempre e con pressoché ogni colorazione di governo, lo prenderà in saccoccia. Perché finché le banche collocano debito, lo Stato le coccola. Anche se siedono su anni di profitti record.

Può dare fastidio. Ma si chiama realtà. E negarla è peccato. La Lega sa che quella proposta serve per ben figurare ma non passerà mai. Per quello la avanza. Un po’ la logica del galantuomo berlusconiano. A detta del Cavaliere, infatti, un gentleman non lascia mai una donna. Mai. Si comporta in modo da farsi lasciare. La pantomima degli extra-profitti risponde alla stessa logica: la si avanza per farsela bocciare. Tanto si sa che andrà a finire così. Nel frattempo, si può vantare una pennellata di demagogia populista. Mentre Forza Italia sa che occorre fare un po’ di teatrino. E lo fa sguainando la spada del liberismo ed evocando l’Unione Sovietica. Non a caso, il Mef tace.

Ma temo che si stiano terribilmente sottostimando un paio di rischi. Primo, le reali esigenze di copertura del Def, al netto di 12 miliardi di spese per la difesa. Non a caso, saltano fuori i droni russi pronti a bombardare la Carnia e il Canavese. Secondo, la fine del reinvestimento titoli. Ovvero, il motore immobile di quell’elettroencefalogramma sovrano totalmente piatto. L’elettroshock potenziale che in un perverso gioco degli opposti vedrà la ripresa del battito e delle sinusoidi del nostro debito (e di quello dei nostri partner) emesso e negoziato accolte come una sciagura. E non una rinascita.

Vi pare un caso che alla Bce, proprio adesso, sentano la necessità di discutere di questo, ovvero della necessaria tutela del meccanismo di trasmissione del debito tramite le banche collocatrici?

E tu, mentre la Bce coccola il Sistema, ti metti a chiedere la tassa sugli extra-profitti? Credibile? Ma stavolta sarà diverso. Purtroppo, però, in negativo. Perché mai, nemmeno durante i lockdown, la situazione macro europea e italiana reale è stata così vicina al concetto di stagnazione strutturale. E de-industrializzazione. Mentre la medesima Europa che dovrebbe offrire risposte, incendia i cassonetti lungo il tragitto verso il burrone.

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