SPY FINANZA/ I rischi (per tutti) nascosti nella nuova operazione Btp Valore
Tornano i Btp Valore. Altra occasione irripetibile per fregare l'inflazione. Ma serve farlo di gran carriera. Perché la Bce sta diventando irrilevante

Altro giro, altra occasione irripetibile per fregare l’inflazione. Ma serve farlo di gran carriera. Dal 2 al 6 ottobre torna il Btp Valore dopo i 18 miliardi incassati a giugno. E prima che il dibattito sulla Manovra entri nel vivo. Perché più il tempo passa, più i pozzi a cui attingere acqua diminuiscono. Fino a restare i soliti noti. Quelli a forte rischio di tensioni sociali, quando il secchio diventa visibile prima che venga immerso. Non a caso, la durata aumenta. Dai 4 anni di giugno ai 5 della prossima emissione. Ma, soprattutto, la cedola passa da semestrale a trimestrale.
Insomma, al Tesoro hanno deciso che la carota deve essere ben visibile. E bella grande. Perché la tarantella dell’indicizzazione all’inflazione ormai non fa più effetto. E i fondi/piani di investimento sono talmente strapieni di Btp che sarà dura riuscire a trovare spazio per altra carta. Ma ce la faranno. Spingeranno sul patriottismo. Sul Btp come arma contro il rigorismo tedesco e il sabotaggio della Bce. Quando in realtà, il problema è quello di una Bce che i settori più realisti e lungimiranti di Tesoro e Mef cominciano a contabilizzare come residuale. Ex ante.
E infatti, nuova emissione. Con cedola trimestrale, tanto per dare l’idea di un sostegno implicito alle difficoltà di un potere d’acquisto devastato da inflazione e salari stagnanti. E da un caro-energia che ormai appare come nuovamente garantito per l’inverno, stante il combinato congiunto di gas e petrolio in piena fibrillazione. Una partita di giro, un gioco delle tre carte. Tu compra debito e ogni tre mesi arriva qualche soldino sul conto. Può fare comodo. Il passo successivo potrebbe essere una bottiglia d’olio, un chilo di pasta e due etti di Parmacotto ogni 50 contratti.
Stiamo raschiando. Ma una cosa è farlo per incasellare i numeri, facendo acrobazie con il bisturi dei conti per sforbiciare una tantum. Qui l’impressione è quella di una stagione di costi di finanziamento del debito a zero che stia finendo. E questo è un problema. Di sostenibilità dello stock, soprattutto. La vera croce in vista del dibattito sulla riforma del Patto di stabilità. Non a caso, Mario Draghi ha sentito la necessità di tornare sulla scena con un intervento anti-rigorista. Pessimo segnale.
E occhio al rendimento del decennale benchmark, perennemente sul chi va là rispetto alla quota del 4,5%. Perché a quel punto, il problema potrebbe non essere legato alla correlazione emissioni/acquisti della Bce, ma alla possibilità stessa di piazzare quella carta proprio nei piani di investimento, nei fondi pensione e nei portafogli retail dei signori Rossi. Insomma, ovunque il megafono riuscirà a indirizzarli. Come per le precedenti emissioni, tramutando giornali, tg e siti in veri e propri prospetti informativi del Tesoro. Senza vergogna. Nonostante all’epoca, la narrativa fosse ancora quella di un’economia italiana migliore di quella tedesca e francese. Ora, invece, nessuno ha più il coraggio di sostenerlo. E allora il rischio è il panico. Non solo la propaganda.
Forse. Perché, a volte, il destino sta proprio in un avverbio. Quell’avverbio. Nella fattispecie, quello gettato sul tavolo del dibattito sulla politica dei tassi della Bce da Klaas Knot, membro del board dell’Eurotower e governatore della Banca centrale olandese. In vista del riunione della prossima settimana, il falco per antonomasia ha voluto deliziare i mercati con questa frase: “Forse stanno sottostimando la possibilità di un nuovo rialzo”. Ora, date un’occhiata al grafico:
già oggi, il flusso netto di prestiti bancari alle famiglie nell’eurozona è più basso di quello toccato durante la crisi finanziaria del 2008. E quella pandemica da Covid. Un nuovo ritocco all’insù del costo del denaro, in cosa si sostanzierebbe? L’ultimo dato sugli ordinativi tedeschi parla chiaro: non si consuma. Uno sprofondo senza precedenti, peggiore del 2020. Ma se non metti denaro nel portafogli, ecco che appare difficoltoso riattivare i consumi azzoppati dai prezzi.
Ma attenzione ulteriore. Proprio in queste ore, in Germania il potente sindacato metalmeccanico IG Metall sta chiedendo la settimana lavorativa di 4 giorni a parità di salario, in vista della scadenza contrattuale di fine novembre. E le paghe in Germania negli ultimi mesi sono salite. Parecchio. Un +8,5% che nella volontà del sindacato dovrebbe ora sostanziarsi in un pacchetto di rinnovo transitorio (12 mesi) che garantirebbe un balzo totale lordo del 17,1%. Di fatto, Olaf Scholz ha dato vita al classico calcolo costi/benefici e deciso che la spirale prezzi/salari appare meno pericolosa dell’exploit di AfD alle prossime elezioni in Baviera.
Ora, lasciamo un attimo la Germania con i suoi guai da sistema industriale sclerotizzato. L’Italia, cosa rischia da qui a pochi mesi? In prima istanza, un’esplosione delle sofferenze bancarie. Perché se i salari sono fermi, l’inflazione tre volte il target Bce e il flusso di credito alle famiglie ai minimi storici, chiaramente rate e Rid saltano come tappi di bottiglia a Capodanno. Un bel problema. Sconfinamenti a raffica, oltretutto. Perché da un lato, il Governo ha risorse a dir poco limitate per tamponare un simile fall-out, aggravato in prospettiva da una nuova emergenza energetica per l’inverno. Dall’altro, paradossalmente, rischia di dover rinunciare anche a una frazione non secondaria di quel poco che conta di incamerare, perché le banche avranno gioco facile nel rinfacciare la tassa sugli extra-profitti come aggravante di una situazione già limite.
Insomma, la Germania pare pronta allo shock. Non senza costi, ovviamente. Non a caso, la scorsa settimana ha presentato un pacchetto triennale di aiuti alle Pmi da 9 miliardi l’anno. L’Italia, già oggi, viaggia in equilibrio precario. E con l’incognita Btp che, giorno dopo giorno, si tramuta in iceberg viaggiante. Il rischio? Che a decidere tutto sia l’inclinazione della bilancia che verrà impressa dalla Francia in sede di Patto di stabilità. E quando devi guardare al risultato della partita altrui per conoscere il tuo destino, sei con le spalle al muro.
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