Ricordate il dialogo in automobile fra il trader scafato e il giovane analista in Margin call (per chi non lo ha visto, un consiglio: guardatelo, potrebbe tornare utile a breve)? Nonostante tutto stia precipitando, l’azzardo è fondamentale. Necessario. E non solo al Sistema. Alla gente. Perché solo spingendo un po’ più in là l’asticella consenti a Mr. Smith di comprare la casa o l’auto dei suoi sogni. Le stesse che le sue finanze non gli garantirebbero mai. Una magia chiamata leverage.
Forse è vero. Perché soltanto a marzo, quando il Governo svizzero decise manu militari il wipe out di quasi 17,3 miliardi di debito junior di Credit Suisse, in vista della fusione forzata con Ubs, l’intero globo terracqueo – tranne Algebris, of course – malediceva i bond convertibili. O AT1. O CoCo bonds. Mai più. Invece, ecco che non solo Algebris sta chiudendo un anno record. Non solo gli AT1 delle banche europee hanno garantito un return del 2,6%, rimbalzando dal -15% di marzo. Ma proprio Ubs, il cavaliere bianco, con la sua emissione AT1 di inizio novembre ha impresso il calcio di inizio a un nuovo El Dorado del rischio obbligazionario. Anzi, ibrido. Perché sotto una certa soglia di capitale, si converte. Automaticamente. Il bond diventa equity. E il segno della croce diventa rito collettivo. O forse no.
Forse – come diceva il cinico trader di Margin call – se domani il mondo non sarà crollato e noi avremo abdicato al nostro ruolo di leva del mondo, diventeremo i più grandi codardi della storia. Per ora, chi preconizzava la morte degli AT1 ha sbagliato. E chi ci è tornato a scommettere – o non ha mai smesso – ha avuto ragione. Occorre ammetterlo. Mea culpa. Attenzione, però, a due variabili.
Primo, il mercato che guarda agli AT1 non ha scordato il rischio che implicitamente comportano. L’ha semplicemente prezzato e incorporato. In base a cosa? Lo stato di salute (ufficiale) delle banche europee, certificato dall’Eba lo scorso luglio e dalle rassicurazioni di Bce e Bank of England riguardo il trattamento diverso che verrà tenuto verso i detentori di bond, in caso di nuova crisi bancaria. Mica come Credit Suisse. Siamo proprio sicuri che questo scenario rappresenti un modello di VaR a prova di bomba?
Seconda variabile. La stiamo vivendo in queste ore. Oro e Bitcoin ci stanno dicendo che, a fronte del bluff ormai quasi svelato di Jerome Powell, tutti paiono scommettere su un’unica asset class: Etinp. Non cercate il ticker. Non esiste. L’acronimo in questione è di fresco conio: Everytrhing That Is Not Printable. Ovvero, tutto ciò che si contrappone al regime di Qe sistemico e ai suoi vari addentellati da stamperia globale. Chi detiene AT1, nel frattempo, si copre con safe havens, i beni rifugi tradizionali o 2.0? E chi li emette quei bond ad alto potenziale e alto rischio, cosa fa? Quanto doppio gioco è presente oggi sul mercato? Quanto è già fondamentale continuare le danze, perché l’accusa di codardia è dietro l’angolo e il Fomo (Fear Of Missing Out, la paura di perdere l’occasione della vita) da rally di fine anno è irresistibile, ma avvicinandosi, pur sempre leggiadri e a tempo, verso l’uscita di sicurezza?
Guardate che, mai come oggi, tout se tient. E, soprattutto, nulla è come appare. Nemmeno a Gaza. E non si tratta di una tesi cospirazionista. Ma il lavoro di due accademici statunitensi, Robert Jackson Jr. della New York University School of Law e Joshua Mitts della Columbia Law School pubblicato pochi giorni fa. La tesi? Gli short sellers sapevano dell’attacco di Hamas e nelle settimane precedenti hanno pesantemente scommesso al ribasso su equities israeliane attraverso Etf che ne tracciano l’andamento. La stampa israeliana ne ha parlato in maniera diffusa. Ma quasi tutta per rilanciare una tesi nella tesi: Hamas stessa ha speculato sugli attacchi. Insomma, i barbari che decapitano bambini vantano anche traders di primo livello. E capacità di operare in regime di palese insider trading senza che nessuno se ne accorga. Se non due brillanti accademici. Due mesi dopo. Eppure, la stampa Usa ha appena reso noto come l’intelligence israeliana sapesse del piano. Da un anno. Ma, giudicandolo troppo ambizioso per Hamas, ha preferito soprassedere.
Si sono poi susseguite accuse più o meno velate da parte di membri della stessa intelligence nei confronti del Governo, troppo occupato con gli insediamenti dei coloni e la riforma della giustizia per occuparsi di Hamas. Insomma, apparentemente, in molti sapevano come qualcosa fosse in gestazione. A vari livelli. Resta un fatto. Poco importa che Hamas abbia o meno un trading desk. O, peggio, banche o fondi che curano le sue speculazioni finanziarie. Il suo trading on terror, citando il titolo dello studio (in caso voleste leggerlo, Haaretz ha pubblicato il pdf scaricabile online). Conta che quanto accaduto rientra appieno nello sdoganamento del fu complottismo. Esattamente come l’esistenza del Deep State. O le false flag. Finché al Governo Usa c’erano i Democratici, evocare i corpi intermedi delle agenzie federali come reale contropotere a Capitol Hill suscitava ilarità e scherno. Una volta sbarcato Donald Trump a Pennsylvania Avenue, la stampa progressista ha sdoganato il concetto. Con connotazione deviata in stile strategia della tensione, ovviamente. Mentre è lobbysmo federale. Con qualche spia e stelletta di troppo, ok. Prima della guerra in Ucraina, poi, le false flag erano solo ricostruzioni dietrologiche di mitomani che mettono in dubbio le stragi e scomodano manichini al posto dei cadaveri. Da quando mezzo mondo ha la foto di Zelensky sul comodino, c’è una false flag russa al giorno. Fino a tre settimane fa, persino Nord Stream.
Qualcuno specula su guerra e terrorismo? Sai che novità. Qualcuno sa sempre in anticipo e, fait du prince, lascia che accada per ragion di Stato? Scoperta l’acqua calda. Ora, poi, si può dire che gli short sellers hanno agito con sospetto tempismo sul 7 ottobre, salvo ovviamente incolpare gli Hamas Boys. Mentre chi faceva notare strani volumi put prima del 9/11 rischiava arresto o ricovero.
Il Re è nudo. Viva il Re. Ma che valga per tutti. E una volta per tutte. O qualcuno teme forse che si rovini e perda il filo la lama del suo ipocrita rasoio di Occam a barbe alterne?
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