È attesa per oggi la trimestrale di Nvidia, con dati che possono essere molto importanti, anche guardando a quello che potrebbe decidere la Fed

Il tanto agognato pivot della Fed è arrivato. Sicuri? Dipende. Se a prevalere saranno le necessità delle banche di tamponare le unrealized losses non più occultabili e del mercato di ottenere liquidità, stante un Tga a metà del suo refill e un reverse repo ormai a zero, allora sì. Allora stiamo pur certi che le prossime due letture dell’inflazione Cpi saranno decisamente al di sotto delle attese. Se invece sarà la necessità di incidente controllato a prevalere nel computo costi/benefici, allora no. Allora sarà ancora la data-dependency a dettare il passo.



Vi hanno detto molto del discorso di Jackson Hole. Ma non tutto. Soprattutto, le cronache ufficiali si sono ben guardate dal soppesarlo nella sua interezza. In quell’intervento, Jerome Powell ha infatti citato la parola inflazione per ben 63 volte. A seguire, 21 volte la parola Labor, 12 volte unemployment, 6 volte tariffs e 4 volte jobs. A voi quale pare sia il focus della Fed? Stesso bandwagon dei traders o vagamente affetto da strabismo realista? Perché se la proverbiale e quasi mitologica data-dependency ha ancora un senso, quell’ipertrofia di citazione del Cpi avrebbe dovuto vedere gli indici e le prezzature di taglio dei tassi crollare. E non esplodere ulteriormente al rialzo.



A mio modesto avviso, quindi, in vista del board del 16-17 settembre prossimi, la cautela dovrebbe decisamente essere d’obbligo. Perché la reazione del mercato all’annuale riunione dei Banchieri centrali in Wyoming è stata nulla più che un cherry-picking di ciò che era strumentale al mercato per ottimizzare gli incassi dell’OpEx, la scadenza mensile delle opzioni. La quale cadeva in contemporanea all’intervento del numero uno della Fed, proprio venerdì scorso.

E non basta. Perché pochi istanti dopo la chiusura di Wall Street, ecco giungere l’ulteriore booster per le equities già in modalità steroidi. L’annuncio ufficiale dell’ingresso dello Stato nel capitale di Intel con una quota del 9,7%. Alla faccia della Patria del libero mercato, una nazionalizzazione nemmeno troppo parziale del comparto dei microchip, essendo oggi il Governo Usa il primo azionista del colosso tech. Di fatto, un balsamo anche per i futures di inizio settimana. In caso qualcuno avesse avuto intenzione di leggere con calma lo script di Jerome Powell nel weekend appena passato, a mente fredda. E senza opzioni call in scadenza da spedire nell’iperuranio.



E ora, cosa attendersi? Come anticipato, il prossimo board della Fed si terrà il 16-17 settembre. Il dato sul Cpi di agosto verrà pubblicato l’11 settembre. Data infausta per gli Usa. Cosa servirà di più, quindi? A voler essere realisti, tutti quanti sanno che il dibattito dovrebbe essere fra mantenere i tassi invariati o, al limite, alzarli.

Già, alzarli. Stante la Borsa ai massimi, i prezzi degli immobili ai massimi, Bitcoin ed Ethereum ai massimi, oro ai massimi, massa monetaria M2 ai massimi, debito pubblico ai massimi e, infine, inflazione Cpi al 4% annuo. Da gennaio 2020 ininterrottamente. Di fatto, 2X rispetto al target della Fed come concepito per garantire la stabilità dei prezzi. Siate sinceri: quello determinato dalle condizioni macro che ho appena elencato, vi pare un ambiente che necessiti un intervento al ribasso sul costo del denaro?

Per carità, io ho solo la quinta liceo. Ma alcuni conoscenti laureati in economia e con tanto di master mi hanno detto che, solitamente, quelle condizioni sono prodromiche a un aumento del costo del denaro. Non fosse altro per evitare che bolle equities sicuramente già presenti vadano del tutto fuori controllo, causa indigestione di free money di scarsissima qualità e moltiplicazione di collaterale basato su garanzie in ciclostile.

Ma attenzione. Perché il primo, vero punto di svolta cadrà domani, mercoledì 27 agosto. Quando a mercati chiusi, Nvidia renderà note le earnings del secondo trimestre. E lo farà alla luce di questo, oltre che di trimestri interi di moltiplicazioni lisergiche di utili, vendite e domanda di mercato. Senza scordare, ovviamente, Gpu caricate su start-ups finanziate ad hoc e cloud utilizzati come collaterale di credito.

Non solo il market cap di Nvidia oggi è pari al 3,6% del Pil mondiale ed è superiore a quello dei mercati azionari di Francia, Germania e Regno Unito, ma con i 4,28 trilioni raggiunti dopo l’ultimo strappo di venerdì, oggi è a poco più di 1 trilione di distanza dalla capitalizzazione del Nikkei 225. Il secondo mercato azionario del mondo dopo Wall Street.

Perché contano le cifre che verranno diffuse domani? Perché a fronte di un gigantismo simile, di fatto in grado di generare da solo un 2008 all’ennesima potenza, qualcuno potrebbe cominciare a operare un pericoloso conto alla rovescia verso un ritorno traumatico alla realtà. Solo il 15 luglio scorso, infatti, Nvidia vide il proprio market cap salire di 200 miliardi – nel pre-market! – soltanto in ossequio al via libera alla vendita in Cina del suo chip H20.

Lo stesso che oggi Pechino ha bollato come pericoloso per la sicurezza nazionale e di cui, non più tardi di venerdì scorso, la stessa Nvidia ha annunciato lo stop alla produzione. Dopo che il Segretario al Commercio Usa lo aveva definito di terza, quarta scelta per rassicurare l’opinione pubblica interna e mantenere integra la narrazione da Guerra Fredda 2.0.

Da quel 15 luglio, il market cap di Nvidia è cresciuto di 500 miliardi, stante il 40% di revenues rappresentate dal mercato cinese. Revenues su cui Nvidia paga un dazio del 15% al Governo, almeno stando al do ut des per evitare bandi alle esportazioni reso noto non più tardi di 10 giorni fa. Il mercato finora ha finto di non vedere questi numeri. Ma come li giustificherà Nvidia nella trimestrale?

Attenzione, finora tutti hanno avuto convenienza nell’accettare per buona qualsiasi creatività contabile arrivasse dal comparto AI. E se qualcuno azzardasse una domanda, a fronte di incoerenze di accountability ormai divenute macroscopiche e in ossequio a una precauzionale corsa verso le scialuppe di salvataggio pre-comitato monetario della Fed?

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