Lo stabilimento Stellantis di Termoli è in crisi, e i sindacati sono riusciti a "guadagnare" un contratto di solidarietà.
Dopo la crisi alimentata nella Stellantis di Termoli, che rischiava la chiusura immediata, dalla società automobilistica – grazie anche ai sindacati – è arrivato il fatidico contratto di solidarietà, che prevede il riconoscimento e l’aumento di alcuni ratei indipendentemente dai giorni effettivamente lavorati nell’arco di un mese.
Il leader della Uilm del Molise, Francesco Guida, ha parlato dell’importanza di tale strumento cautelativo, che mira al sostenimento dei lavoratori in un’era particolarmente complessa anche per l’azienda stessa.
Il problema di Stellantis di Termoli
Lo stabilimento Stellantis di Termoli è in grave difficoltà, così come lo è l’intero mercato auto, che fatica a crescere a causa di alcune problematiche legate ai dazi di Trump, alla spinta verso l’ecologico e ai divieti sempre più ampi in alimentazioni tradizionali come il diesel e i motori benzina.
Anche il focus sulle Gigafactory sempre complicare la situazione sugli stabilimenti italiani. I progetti in tal ambito sembrano quasi abbandonati a sé stessi, probabilmente i rallentamenti sono dovuti agli ingenti costi di produzione e alla mancanza dei micro chip.
Il sindacato è deluso non solo dalla gravità finanziaria dello stabilimento di Termoli, ma della poca chiarezza nei confronti di quei quasi 2.000 lavoratori abbandonati a sé stessi e con una pezza d’appoggio come il contratto di solidarietà.
I costi dello stabilimento Stellantis di Termoli
I costi dello stabilimento Stellantis di Termoli sono stati per lo Stato italiano ingenti. In 3 anni l’erario ha dovuto affrontare un esborso di quasi 990 milioni di euro, mentre la società automobilistica in questo arco di tempo ha perso 980 milioni.
L’attuale contratto di solidarietà partirà dal 1° settembre di quest’anno e terminerà agli inizi del 2026, prevedendo le stesse condizioni del precedente (come quello proposto per lo stabilimento di Melfi, dov’erano stati messi in integrazione 5.300 dipendenti).
Nel licenziamento di massa non hanno avuto scampo neppure gli impiegati dell’azienda con sede a Torino (lo strico Mirafiori), che ha subito le conseguenze e la crisi finanziaria dell’intero comparto.