STELLANTIS/ I guai in arrivo dopo la fusione Psa-Fca

- Franco Oppedisano

Gli azionisti di Psa e Fca hanno dato il via libera alla fusione tra le due aziende. Nasce Stellantis e cominciano i problemi veri per Carlos Tavares

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Il dado è tratto. La maggioranza bulgara (99 e rotti per cento) degli azionisti di Psa e Fca ha dato il via libera alla fusione tra le due aziende. È nata Stellantis, un gigante: il quarto costruttore automobilistico al mondo dopo Volkswagen, Renault-Nissan e Toyota con 8,7 milioni di auto vendute, 400 mila dipendenti e oltre 180 miliardi di euro di fatturato. E ora cominciano i problemi veri. L’amministratore delegato del nuovo gruppo, Carlos Tavares, ha di fronte un compito da far tremare i polsi ed è difficile persino elencare i problemi che ha di fronte: creare una significativa presenza in Cina di Peugeot-Citroen e Fiat Chrysler, gestire la contrazione dei margini nel segmento delle utilitarie, cavalcare una tendenza di fondo del settore investendo su auto elettriche o quasi elettriche, affrontare il mercato americano che non conosce, evitare la cannibalizzazione  tra i prodotti simili dei 14 marchi del gruppo, rivitalizzare brand premium storici come Alfa Romeo e Maserati, e, soprattutto, rimediare a un’eccezionale sovracapacità produttiva dei suoi stabilimenti. 

Quest’ultimo sarà il nodo cruciale perché senza una razionalizzazione dei costi sarà più difficile produrre il reddito necessario per finanziare gli altri obiettivi. E c’è molto da fare. Secondo Lmc, un’agenzia che si occupa di mappare e fare previsioni sul mercato automotive, il gruppo Stellantis potrebbe chiudere fabbriche con una capacità combinata sufficiente per costruire tutte le auto Ford vendute in un anno e potrebbe continuare ad aumentare la propria produzione utilizzando soltanto gli impianti rimanenti. Sempre secondo Lmc, sia Psa che Fca hanno utilizzato meno della metà della loro capacità durante il 2020. Un dato mostruoso risultato della contrazione dei mercati causata dalla pandemia, ma anche in un anno ottimo come il 2016 i due gruppi, insieme, avrebbero avuto una sovracapacità produttiva di quasi 4 milioni di veicoli. In Cina e in Asia poi la situazione è ancora più critica visto che viene utilizzata solo l’8% della capacità produttiva. Insomma si potrebbero produrre 100 auto e se ne vendono solo otto.

A livello globale, secondo gli analisti di Lmc, Stellantis sforna 8 milioni di veicoli l’anno e potrebbe produrne quasi il doppio. Un problema che può essere risolto solo in due modi: vendendo di più o riducendo le linee della produzione. È evidente che la prima soluzione non è affatto facile e anche i più ottimisti tra Torino, Detroit e Parigi possono ipotizzare a un incremento delle vendite annuo a singola cifra, non un raddoppio. La seconda è certamente più veloce, ma irta di ostacoli. Tra i soci importanti di Stellantis c’è lo Stato francese che possiede oltre il 6% e che difficilmente accetterebbe la chiusura di un impianto oltralpe. E anche in Italia una decisione del genere non sarebbe facilmente accettata. Già provocherà mugugni la dismissione di un marchio storico come Lancia che sembra essere tra la possibilità sul tavolo di Tavares. Rischiano di più, invece, le fabbriche al di fuori dei Paesi di riferimento dell’azienda come lo stabilimento Opel di Ellesmere Port in Inghilterra o quello Fiat di Kragujevac in Serbia.

“Siamo pronti per questa fusione”, ha dichiarato durante l’assemblea degli azionisti di Psa Carlos Tavares, ex pilota di rally e uno dei manager più preparati del settore. Visto i problemi da affrontare, lo speriamo davvero tutti.





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