Questa volta la Marmolada non ce l’ha fatta a trattenere quel muro di ghiaccio che sembrava volere sfidare il caldo di queste ultime stagioni. il suo ghiacciaio si era ridotto da tempo, era da tanto che la “regina delle Dolomiti aveva mutato il suo aspetto, scoprendo, almeno d’estate, il suo versante nord alle pietraie bianche anch’esse di calcare. E si lasciava salire, docilmente, dalle comitive di alpinisti che ambivano percorrere la sua via più facile, non per questo meno remunerativa di panorami e di emozioni. Sembrava che un sorta di dazio fosse stato “pagato” al mutamento climatico, e che i suoi ghiacci restituissero in facilità quello che non potevano più concedere in difficoltà, rischi e bellezza.
E invece, ecco la “strage” della Marmolada, come hanno titolato oggi molti giornali. Una delle cose più belle che Mauro Corona ha scritto nella sua seconda vita di scrittore si trova in un ormai lontano libro dei primordi, Nel legno e nella pietra, là dove, confidando alla carta i suo pensieri e le sue vicende alpine, ammette che la montagna serve a ritrovare noi stessi, “è come fare visita a un’amica, per avere un consiglio, per riflettere prima di fare sciocchezze”. Ma “la montagna non è assassina, se ne sta lì e basta”; “non è gelosa, né invidiosa, non cerca potere né vendetta. Né tradisce”. Siamo noi, i salitori, a dover sapere ciò che può sempre accadere.
Ne erano probabilmente convinti tutti gli alpinisti che ieri sono stati travolti da una valanga di ghiaccio senza precedenti, e che si erano accostati alla Marmolada con gioia e riverenza, semplicemente per vedere il mondo dall’alto, da un’altezza guadagnata con le proprie capacità e le proprie gambe. La scarica è stata così violenta che i soccorritori non assicurano di potere ricomporre i loro corpi. Potrebbero restare lassù, smembrati, custoditi dalla Marmolada sotto la neve del prossimo inverno, se ci sarà, o restituiti pian piano, come è avvenuto in tanti ghiacciai. Ma la Marmolada non si è vendicata di nessuno, non ha mietuto vittime per mettere il suo sigillo sul mutamento climatico, per lanciare un allarme sul punto di non ritorno, per dire che a far male alla natura il prezzo che si paga è la vita e che quindi noi, piccoli lillipuziani causa dei nostri mali, dobbiamo ritirarci.
Circolano idee secondo le quali per non danneggiare l’ambiente sarebbe meglio che sparissimo tutti. Non è questa la “giusta causa” della Marmolada. La regina delle Dolomiti, salita con perizia e prudenza, da sud e da nord, regala ancora bellezza. Un dono da custodire, con intelligenza e gratitudine. Il sentimento meno neopagano che ci sia.
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