Oggi dalla simbolica piazza Tienanmen Xi Jinping manderà un avvertimento geopolitico ai Paesi del’Occidente: questa è la potenza della Cina
Insieme con Putin – che è arrivato in Cina già sabato scorso accolto con tutti gli onori – in questi giorni sono a Tianjin e saranno poi oggi a Pechino decine di leader mondiali. Si ritrovano ufficialmente per il 25esimo Congresso della Shangai Cooperation Organization (SCO) e per i festeggiamenti dell’80esimo anniversario della vittoria cinese sul Giappone, ma, al di là delle formalità ufficiali, sarà soprattutto l’occasione per una serie di incontri paralleli tra la Cina e buona parte del mondo non “allineato” agli Usa.
Un summit in cui Xi Jinping vuole sottolineare la centralità cinese come nazione-guida del pianeta, ma dal quale ci si aspettano soprattutto anche passi fondamentali sui nuovi rapporti che si stanno stringendo tra i due colossi asiatici, Cina ed India, che dopo anni di freddezza (l’ultimo incontro di vertice risale a 7 anni fa) stanno costruendo un accordo politico ed economico globale che potrebbe avere davvero ripercussioni mondiali.
Eppure questo è solo uno dei tanti temi sul tappeto, insieme ad un altro di grande attualità, ovvero capire meglio la futura filosofia cinese di controllo del Pacifico stabilendo le regole di un nuovo ordine mondiale che passa attraverso una revisione radicale della Carta ONU e i nuovi rapporti economici con molte nazioni emergenti della terra.
La Cina sta affrontando molti problemi, dalla denatalità ad una riduzione del suo PIL, dalla crisi energetica a seri problemi ambientali, ma lo fa con pragmatismo e decisione, aiutata anche dall’impasse in cui si sono chiusi i suoi potenziali avversari o competitor occidentali.
Come può non essere interessato il premier indiano Modi a trovare un’intesa con Pechino dopo che Trump gli ha aumentato i dazi sulle esportazioni in USA a livelli drammatici? Come può, allo stesso modo, Putin non sorridere a Xi, ben sapendo che la Cina è diventata il più importante cliente delle sue risorse naturali e che da Pechino dipendono buona parte dei necessari approvvigionamenti militari della Russia?
Intanto oggi a Pechino proprio in Piazza Tiananmen, da giorni chiusa al pubblico per le prove generali, si terrà una grande parata militare che darà una percezione visibile della forza militare cinese. Un’altra pagina della geopolitica del Dragone.
Il ragionamento che Xi Jinping propone ai suoi alleati è semplice: la politica dei due blocchi Oriente-Occidente è inutile, costosa e superata, le distanze non ci sono più, i problemi sono planetari; allora si accetti che sia la Cina la nazione-leader e si lavori insieme per lo sviluppo. Ovviamente, per i recalcitranti, la potenza anche militare cinese è visibile e “disponibile”.

Una strategia che si basa sulla “economia socialista di mercato” che Xi propone al mondo, ma con la forza di chi ora può imporla anche a chi non la vorrebbe.
D’altronde anche la Bibbia sconsigliava la guerra contro un nemico superiore… Così Xi tenta ora di presentarsi come il leader indiscusso del mondo proponendo a chi lo accoglie aiuti economici, crescita commerciale e un futuro stabile per tanti leader, soprattutto quelli che non hanno nella democrazia il loro punto di forza.
È evidente che una società pianificata e centralizzata come quella cinese, dove il dissenso ufficialmente non esiste, può essere molto più facilmente “organizzata” che non quelle di Paesi soggetti alla verifica elettorale, alla “formalità” (quasi) di elezioni parlamentari.
“Realpolitik” si potrebbe dire. E non è così scontato che venga respinta, anche perché da tempo il modello occidentale ha perso il suo slancio.
I cinesi pensano intanto ad arricchirsi anche a livello individuale, vogliono viaggiare nel mondo, far prosperare le loro famiglie di figli unici, cercano servizi migliori in tutti i campi e sanno che è più semplice e pratico il metodo dell’“uomo solo al comando”.
Lo accettano da secoli e lo condividono ,anche perché non hanno alternative o tradizioni di pluralismo. Sono cresciuti in una realtà che da imperiale è passata al modello del partito unico e quindi al pensiero unico ormai da 80 anni e che dopo la “Rivoluzione culturale” (poi evaporata con una netta apertura al capitalismo) ha portato ad un evidente miglioramento delle condizioni di vita.
Ovviamente il terreno di casa tua è sempre dello Stato, il dissenso superfluo, non puoi liberamente trasferirti in un’altra città, ma i successi innegabili della nazione sono “sentiti” dai singoli cittadini cinesi come propri e ne sono orgogliosi con ben pochi dissensi.
Forse l’Occidente dovrebbe conoscere meglio la lunga storia cinese, farsi delle domande sulle occasioni perdute, ma anche preoccuparsi, perché non è solo una questione di numeri ma di logica e quasi di ineluttabilità, almeno secondo il pensiero cinese che ostenta ottimismo e sicurezza. Un processo portato avanti in questi anni con ostinazione, lungimiranza e pazienza, com’è d’altronde nella mentalità del “regno di mezzo”.
La Cina è oggi uno dei pochissimi Paesi al mondo dove si può entrare senza un visto sul passaporto, quasi a sottolineare che non serve: e non serve perché si è silenziosamente controllati ad ogni passo. Anche questo fa parte delle regole del gioco.
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