Che farsene dei sogni? Scartarli, metterli da parte, soffocarli appena affiorano, non previsti, nella mente o nel cuore? Starne alla larga perché sia che siano buoni sia che siano inquietanti, destabilizzano la vita? In realtà con i sogni volenti o nolenti tutti abbiamo a che fare, e un libro senza tempo come il Don Chisciotte è lì a ricordarcelo a ogni pagina. Proprio attorno al capolavoro di Cervantes Ermanna Montanari e Marco Martinelli hanno costruito uno straordinario progetto teatrale partecipato, che si svilupperà in tre anni e che ha esordito nelle scorse settimane nell’ambito del Ravenna Festival.
Il duo Montanari-Martinelli con il loro Teatro delle Albe ci avevano abituato a queste forme di spettacolo fuori dai canoni con il ciclo dedicato alle tre cantiche della Divina Commedia, che aveva coinvolto centinaia di cittadini ravennati e non solo (il Purgatorio aveva esordito con modello simile a Matera). Come la Divina Commedia anche il Don Chisciotte è un testo in cammino: gli spettatori sono perciò accolti alla porta del palazzo dove si svolge l’azione, da Hermanita-Ermanna Montanari, che dal balcone, con un momento indimenticabile di teatro, porge il suo saluto operando la prima trasformazione: chi guarda da sotto dimentichi di essere comodamente spettatore, ma scopra la sua anima vera di cittadino “errante”. Proclama Hermanita con quella sua lingua inselvatichita e spezzata: “Voi /che siete vegnù- /da tutte le parti del mò- /dai monti, dal mar /da la regione dei là- /da le grandi città malà- /pestilenti /bombardà- /sonnolenti /impasticcà-…».
Una volta entrati nel palazzo, un palazzo storico che da qualche anno è stato dato in gestione al Teatro delle Albe, che tra le altre attività ha avviato in questi spazi anche una Scuola di vocalità, si è chiamati a un attraversamento delle sale trasformate in luoghi abitati dai sogni: è un labirinto popolato da presenze vere, cittadini-attori, che danno consistenza fisica a ciò che abitualmente semplici fantasmi della mente. Alla fine di questo viaggio propedeutico si arriva nel cortile del palazzo dove ci attende l’azione vera e propria. Appena usciti è sempre Hermanita a sollecitarci: “Allora erranti, cosa avete scoperto? Siete scesi fino in fondo? Avete cercato bene? È difficile cercare bene. È un’arte. Roba che non va più. Che non ha mercato. Avete trovato voi stessi? Su, rispondete! Sì? No?”.
Cercare è un’arte che non va più. Mentre Don Chisciotte è uno che non smette mai di cercare e che non vuole mai venire meno ai propri sogni a costo di rompersi l’osso del collo e di apparire ridicolo al mondo. D’altra parte come dice di se stesso “un cavaliere errante senza amore è un albero senza foglie, né frutti, è un corpo senz’anima. È un morto che cammina”. Il don Chisciotte 2023, benissimo interpretato da Roberto Magnani, è un sognatore pervicace che va sbattere contro i mulini a vento scambiandoli per multinazionali e che non rinuncia all’idea di poter tornare “a quella santa età in cui si viveva ignorando il frastuono di queste parole rovinose: mio e tuo!”.
Tra gli incubi con cui Chisciotte si trova a combattere, c’è anche quello di un mondo che si riempie di armi (lui che invece resta legato alla sua lancia…) e che brucia i libri, ritenendoli depositari di sogni pericolosi per il potere. Quali sono questi libri a rischio rogo? Montanari e Martinelli lo hanno chiesto ai cittadini chiamati a essere protagonisti di questa macchina scenica davvero fuori dall’ordinario (sono oltre 250). Tra Calvino, Sepulveda e Dostoevskij c’è anche un libro di don Giussani. Proclama il censore sulla scena: “Si può vivere così? è il libro di un prete lombardo, Don Giussani… ma vi sembra una domanda da fare?». E lo butta con gli altri al rogo. Ma si può vivere così, soffocando i sogni e i desideri custoditi in quei sogni?
Per rispondere a domande come queste il Teatro delle Albe proseguirà il suo cammino proponendo il prossimo anno la seconda parte del percorso su Don Chisciotte: è una seconda parte che includerà anche la prima vista quest’anno. Un’occasione preziosa da segnarsi in agenda per chi avesse perso questo straordinario esordio.
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