Il terremoto in Myanmar potrebbe avere sviluppi devastanti dal punto dal vista umanitario: infenzioni, epidemie, e altre scosse sono una paura concreta
Il terremoto di oggi ha sconvolto in modo devastante il cuore del Myanmar, il suolo ha vibrato con una violenza mai vista prima, lasciando dietro di sé una scia di distruzione, morte e dolore.
Con le città di Mandalay, Sagaing e Naypyidaw tra le più colpite, edifici crollati, strade spezzate in due e infrastrutture distrutte, lo scenario è tragico: le immagini delle zone coinvolte mostrano gli abitanti disperati cercare tra le macerie i propri cari, mentre i soccorritori lavorano incessantemente per salvare migliaia vite umane, di cui ormai si fatica a tenere il conto.
Con un bilancio delle vittime che potrebbe superare le migliaia, e con un numero ancora maggiore e inevitabilmente destinato a crescere, di feriti e dispersi, gli ospedali come il Naypyidaw General sono al collasso, incapaci di far fronte all’afflusso massiccio e incessante di vittime in cerca di cure. La giunta militare al potere ha dichiarato lo stato di emergenza in ben sei regioni e ha lanciato un grido straziante e disperato alla comunità internazionale per l’invio di aiuti umanitari, che possano almeno in parte, attenuare uno scenario dai contorni drammatici, aggravato dall’estrema fragilità infrastrutturale del Paese, provato da anni di conflitti interni e instabilità politica.
Bangkok ha vissuto attimi di puro terrore quando un grattacielo di 30 piani in costruzione è crollato, intrappolando decine di operai sotto le macerie: la dichiarazione dello stato d’emergenza è stata inevitabile.
Un terremoto senza precedenti: confronti storici e problemi umanitari
Per comprendere la dimensione di questo evento catastrofico, basti pensare che il terremoto di oggi può essere considerato 300 volte più potente di quello che colpì Amatrice nel 2016 e otto volte superiore al terremoto del 1908 a Messina, ma non si tratta di un caso isolato: il Myanmar è storicamente soggetta a eventi sismici di forte intensità. Tra il 1930 e il 1956, sei terremoti di magnitudo superiore a 7.0 hanno colpito l’area lungo la faglia di Sagaing, ma nessun caso precedente può essere paragonato ad un disastro di tali proporzioni.
Ora, la popolazione si troverà ad affrontare non solo le conseguenze immediate del terremoto, ma anche i pericoli delle scosse di assestamento, che potrebbero continuare per settimane, se non mesi, continuando a diffondere paura e un’inquietudine crescente. Da non sottovalutare è il rischio di frane e della liquefazione del terreno, minacce concrete e palpabili per le comunità già devastate.
In questo scenario apocalittico, la tragedia non si ferma qui: senza un tetto sopra la testa, migliaia di persone si ritrovano a dormire all’aperto, esposte al freddo, alla pioggia, senza cibo né acqua, e con scorte alimentari che scarseggiano, trovare acqua potabile diventa una sfida difficile.
Tra la mancanza di farmaci e malattie che iniziano a diffondersi in fretta tra rifugi precari e improvvisati, infezioni e epidemie diventano un’altra minaccia: si tratta di un rischio da non sottostimare, causato dalla contaminazione dell’acqua, dalla scarsa igiene e dalla difficoltà nel soccorrere i feriti, tutte condizioni favorevoli a generale un ambiente fertile per la diffusione di malattie infettive come colera, epatite e infezioni respiratorie.