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Home » Musica e concerti » THE BAND/ “Stage Fright”: 50 anni dopo, la “golden age” del rock’n’roll

  • Musica e concerti

THE BAND/ “Stage Fright”: 50 anni dopo, la “golden age” del rock’n’roll

Paolo Vites
Pubblicato 30 Dicembre 2020
The Band

The Band

Per festeggiare i 50 anni dell'uscita di Stage Fright di The Band, esce una super edizione di lusso con in più un intero disco dal vivo

E’ la primavera del 1971 e The Band sbarca per la prima volta in Europa,  dopo quei concerti quando ancora si chiamavano The Hawks e accompagnano l’artista più famoso degli anni 60, Bob Dylan. Furono concerti in cui il pubblico fischiava sonoramente l’artista americano per aver “osato” presentarsi con una band elettrica e suonare rock’n’roll, lui che era considerato “il menestrello” della canzone di protesta. Rock’n’roll per quel pubblico di studenti borghesi che un paio di anni dopo avrebbero incendiato le università con il maggio francese, significava capitalismo, essersi svenduto al sistema, essere un traditore. “Judas”, in poche parole, come uno spettatore inglese insultò Dylan.


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Ma adesso le cose erano cambiate, The Band è il gruppo americano più di successo, hanno pubblicato due dischi sbalorditivi, che vanno decisamente contro ancora una volta: in epoca hippie di musica psichedelica in cui le canzoni duravano un quarto d’ora di improvvisazioni e strali contro la guerra, loro indossano abiti da montanari dell’800 e suonano musica che affonda le radici nel mondo rurale del passato: dalle radici americane di country, blues, R&B, gospel, soul, rockabilly e dalla tradizione degli inni religiosi, dei canti funebri e della brass band music, dal folk e dal rock’n’roll, forgiando un nuovo stile musicale senza tempo che cambierà per sempre il corso della musica popolare. Garth Hudson (tastiere, pianoforte, fiati), Levon Helm (batteria, voce, mandolino), Richard Manuel (tastiere, voce, batteria), Rick Danko (basso, voce, violino) e Robbie Robertson (chitarra, piano, voce) – sono un enigma, a differenza di qualsiasi gruppo venuto prima o dopo di loro.


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“Ogni membro della band andava al massimo ed ogni serata, da Amsterdam a Parigi a Copenaghen, lo spirito continuava a crescere”, ricorda Robertson. Per questo decisero di documentare il concerto alla Royal Albert Hall di Londra, e di questo si occupò la EMI che approntò un registratore a 4 piste.

Per la prima volta in assoluto, le registrazioni del concerto vengono pubblicate come Live At The Royal Albert Hall, 1971, un incredibile set di 20 canzoni con la band che offre esaltanti versioni di canzoni dal loro terzo album accanto ai loro brani più famosi di Music From Big Pink e The Band come “The Weight”, “King Harvest (Has Surely Come)”, “Up On Cripple Creek”, “The Night They Drove Old Dixie Down”, “Across The Great Divide”, “Chest Fever” e le cover di “I Shall Be Released” di Dylan e di “Loving You Is Sweeter Than Ever”, scritta da Stevie Wonder e portata al successo dai Four Tops. Con l’aiuto di Clearmountain, queste registrazioni sono state recuperate 50 anni dopo, consentendo a tutti di ascoltare quello che Robertson chiama “uno dei più grandi concerti dal vivo mai suonati da The Band”. 


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Intanto, nell’agosto 1970, era uscito il terzo album, Stage Fright. Insieme ai precedenti due, completa una trilogia di dischi straordinari che tutt’oggi non hanno perso un grammo della loro originalità, freschezza, entusiasmo. Dalla musica del passato come la biblica Daniel and the sacred arp al gospel tinto di mistero di All La Glory, dalla rurale Time to Kill, e poi i due rock’n’roll incalzanti e incisivi, The Shape I’m In dominata dalle tastiere progressive del genio Garh Hudson fino alla tenera Stage Fright, la paura del palcoscenico (ispirata al famoso episodio accaduto la sera del primo concerto di The Band a San Francisco, un anno prima, quando Robbie Robertson rimane impietrito dal panico del palcoscenico e la serata rischia di saltare; ci vorrà l’intervento di un ipnotista per scuoterlo) , un disco di una bellezza impressionante.

Come scrisse il critico musicale Robert Hilburn nella sua recensione per il Los Angeles Times, “Come i primi due album, il nuovo presenta un’incredibile dimostrazione di abilità musicale: strumentazione superba, voci precise e testi ricchi e senza tempo”, aggiungendo “Almeno cinque delle canzoni, tra cui “The Rumor”, “Daniel and the Sacred Harp”, The Shape I’m In” e “Time to Kill “si collocano tranquillamente accanto a “The Weight”,” The Night They Drove Old Dixie Down” come le cose migliori che il gruppo abbia mai fatto”. 

Con un po’ di ritardo, il prossimo febbraio esce una edizione straordinaria per festeggiare il 50esimo anniversario del disco:  la sequenza dei brani è stata modificata per presentare Stage Fright con l’ordine originariamente pianificato. “Nell’album, avevamo utilizzato una sequenza diversa per presentare e incoraggiare la partecipazione alla scrittura delle canzoni di Richard e Levon”, rivela Robertson. “Nel corso del tempo, ho desiderato ardentemente recuperare il nostro primo ordine di canzoni, perché ti porta direttamente nello scenario di Stage Fright”.

Ma questo è niente. Un cofanetto Super Deluxe con 2CD/Blu-ray Audio/LP/7” e booklet fotografico; una versione 2CD con il disco originale e il concerto londinese; LP con vinile nero 180g e LP con vinile colorato 180g. Tutte le versioni della Anniversary Edition sono state supervisionate da Robbie Robertson ed hanno un nuovo missaggio a cura di Bob Clearmountain dai nastri multi-traccia originali. Il cofanetto, il doppio CD e le versioni digitali contengono registrazioni inedite, tra cui un intero concerto Live at the Royal Albert Hall, June 1971, un’emozionante performance registrata durante il loro tour europeo, quando la band era al top della carriera, le versioni “alternate” di “Strawberry Wine” e “Sleeping” e sette registrazioni inedite (field recordings), Calgary Hotel Recordings, 1970, ovvero una jam session improvvisata in hotel a tarda notte tra Robertson, Danko e Manuel di diverse canzoni di Stage Fright e puri divertimenti come Before you accuse me, Mojo Hannah registrate mentre l’album era in fase di missaggio. E ancora: un booklet fotografico con nuove note bio-discografiche di Robbie Robertson e del fotografo John Scheele, che registrò i Calgary Hotel Recordings; ci sono anche la ristampa della recensione originale dell’album del Los Angeles Times del famoso critico Robert Hilburn,  tre litografie fotografiche classiche ed una valanga di fotografie di Scheele e di molti altri fotografi.

Un tuffo nel cuore della musica di un decennio irripetibile. Quando ascolterete le registrazione in quella camera d’albergo, scoprirete il segreto di questo gruppo straordinario: amicizia e divertimento, che dal vivo diventavano una forza mostruosa. Questa era la “golden age” del rock’n’roll. Basta sentire come Levon Helm canta Up on cripple creek: una potenza devastante, come un treno del mistero lanciato verso un orizzonte infinito. E cosa dire dell’esuberante Rag Mama Rag, come un’orchestra vaudeville che si lancia attraverso l’America schiantando ogni cosa che incontri. Nessuno come loro, mai più. E siamo ancora lì, in mezzo a quel pubblico fortunato. Per sempre e sempre.


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