Tiberio Timperi ricorda gli albori della sua carriera, ricordando grandi nomi come Raffaella Carrà e Mike Bongiorno, e parla del suo rapporto con il presente. “Il merito mi ha portato fino a un certo punto ma poi lì mi sono fermato. La mia incapacità di andare a cena o fare pubbliche relazioni ha pesato. Se mi dicono di fare qualcosa per forza io soffro” dichiara a Il Corriere della Sera, ricordando anche tra le persone che più hanno creduto in lui ci sono state “Michele Guardì, Ballandi e Jocelyn, un genio della tv che dovrebbe avere ancora un posto, visto che nel nostro mestiere non si invecchia, ma si acquisisce esperienza. Ho avuto la fortuna di conoscere grandi come Corrado, Rispoli, Raffaella Carrà, con me sempre prodiga di consigli”.
Proprio Raffella Carrà un giorno gli disse che “in tv non contava quanto parlassi: bastava una battuta, ma detta bene e al momento giusto per fare la differenza”. Ma Tiberio Timperi ha conosciuto anche Mike Bongiorno, di cui parla come di una “persona deliziosa, preciso sul lavoro ma anche un signore: quando finimmo di lavorare mi mandò una lettera per dirmi che si era trovato bene con me e mi augurava tanta fortuna. Fu una grande gioia riceverla, sulla sua carta intestata”.
Tiberio Timperi: “chi ha fatto radio ha una marcia in più. La mia idea per la tv è…”
A oggi, Tiberio Timperi si dice “molto deluso dal genere umano, sì. Sin da piccolo mi chiamavano Tiberio il vecchio, ma io non sono mai riuscito a fregarmene delle cose sbagliate che vedo, non ce la faccio a buttare tutto alle spalle e far finta di niente”. Dalle sue parole affidate a Il Corriere della Sera traspare nostalgia per il suo primo amore, la radio: “in radio gli occhi verdi non servono ma la parlantina sì. Resto convinto che anche in tv chi ha fatto radio abbia una marcia in più. Mi manca moltissimo ma se non me la fanno fare non è colpa mia: non c’è trippa per gatti”.
Tra i desideri di Tiberio Timperi, “mi piacerebbe veder realizzata una mia idea, anziché assistere al proliferare di format stranieri. Sarebbe bello se a viale Mazzini, anche in uno scantinato, ci fosse una stanza dove tutti noi conduttori potessimo confrontarci. Tra tante cavolate magari uscirebbe anche qualcosa di buono” in una società che vede “totalmente rintronata dai social. Una volta si usciva, oggi i ragazzi se ne stanno a casa, non lottano neanche più per avere il motorino perché tanto stanno chiusi in camera. L’immaginazione è stata uccisa: tutto è a disposizione, basta un clic. Ma niente sedimenta”.