Migranti in coda per giorni per permessi di soggiorno: Viminale condannato dal tribunale di Torino. "Applicate il modello Milano, procedure discriminatorie"
Code interminabili e condizioni degradanti: è quanto hanno dovuto affrontare, a Torino, migranti e richiedenti asilo pur di ottenere il permesso di soggiorno o rinnovarlo.
Non esisteva alcun sistema di prenotazione via web, né veniva offerta la possibilità di concordare un incontro direttamente in sede: le persone si presentavano alle prime ore del mattino sperando di essere ricevute, correndo però, in certi casi, il rischio di essere condotte in un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o persino di subire l’espulsione.
Questo scenario è emerso nel procedimento discusso presso il Tribunale di Torino, avviato a seguito del ricorso presentato da 18 richiedenti asilo insieme all’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), i quali hanno promosso una class action nei confronti del Ministero dell’Interno e della Questura di Torino.
Secondo quanto riportato da La Stampa, il giudice Andrea Natale ha accolto le loro ragioni: le modalità operative utilizzate sono state dichiarate illegittime, poiché ostacolano – o addirittura impediscono – l’esercizio di diritti riconosciuti dalla normativa italiana e dalle disposizioni dell’Unione europea.
MIGRANTI, VIMINALE E QUESTURA SOTTO ACCUSA
Ad esempio, le code e i criteri non trasparenti costituiscono, per il giudice, discriminazione per motivi nazionali: ha così emesso la prima sentenza in Italia su un’azione collettiva antidiscriminatoria di questo tipo.
Questa sentenza, inoltre, potrebbe diventare precedente giuridico per casi simili in tutta Italia, stabilendo che l’assenza di un’organizzazione trasparente e rispettosa della dignità è una forma di discriminazione diretta.
In altre parole, è stato riconosciuto che far aspettare migranti per giorni in condizioni umilianti, senza un sistema organizzato e con criteri arbitrari, non è solo inefficienza burocratica, ma una violazione discriminatoria dei diritti fondamentali.
“PROCEDURE DISCRIMINATORIE”
I legali non hanno chiesto solo la condanna della pubblica amministrazione e la registrazione della domanda di asilo con rilascio contestuale del verbale, ma anche che venisse accertato e dichiarato il “carattere discriminatorio” della Questura di Torino.
Il giudice ha dato loro ragione, ravvisando proprio «una discriminazione». La Questura di Torino, alla luce della decisione del tribunale torinese, è tenuta ad adottare il cosiddetto “modello Milano”, che prevede un sistema di calendarizzazione degli appuntamenti: migranti e richiedenti asilo possono così effettuare le prenotazioni tramite piattaforma informatica.
Inoltre, il modello vanta una collaborazione con enti del terzo settore ed effettua una distinzione tra chi ha documenti di identità e chi non li ha. Lo Stato, dal canto suo, è tenuto a garantire risorse e strumenti adeguati per evitare il ripetersi di queste violazioni.