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Home » Esteri » Ucraina » TRATTATIVA TRUMP-PUTIN/ “A dividerli Odessa e lo status dei territori, ecco le opzioni”

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TRATTATIVA TRUMP-PUTIN/ “A dividerli Odessa e lo status dei territori, ecco le opzioni”

Int. Maurizio Boni
Pubblicato 1 Aprile 2025 - Aggiornato alle ore 06:14
Donald Trump

Donald Trump (Ansa)

Trump ha minacciato Putin perché nulla sembra muoversi. Per la tregua occorre un accordo sui territori (e su Odessa) ma i russi vogliono combattere ancora

Trump minaccia Putin di sanzioni se non arriverà presto un accordo di tregua in Ucraina, ma il Cremlino non fa una piega. Anzi, il portavoce Peskov offre un contatto anche a breve tra i due leader per appianare la questione.

Le trattative, in realtà, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, sono ancora in alto mare e lo saranno fino a che non si risolverà la questione dei territori rivendicati dai russi e Mosca non avrà garanzie sulla sua sicurezza. Una soluzione potrebbe passare dalla rinuncia di Putin a prendersi Odessa, che, insieme alla possibilità di sfruttare le risorse minerarie nei territori occupati, farebbe da contropartita per gli USA alla cessione della Crimea e di altri territori.


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Di sicuro Trump vuole trovare un modo per non perdere la faccia e per non apparire arrendevole. E per lui il modo migliore sarà fare affari. Quegli stessi che Zelensky vuole ancora negargli, tornando a dire no all’accordo sulle materie prime, troppo svantaggioso per gli ucraini. In questo contesto un accordo di tregua per Pasqua non è per niente scontato.


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Trump dice che è arrabbiato con Putin e minaccia dazi del 25% sul petrolio russo. Perché se l’è presa con il capo del Cremlino?

Avevamo già largamente anticipato, anche su Il Sussidiario, il fatto che l’umore di Trump e il suo carattere sarebbero stati uno degli elementi di cui tener conto nel corso dei negoziati: ha sempre detto che, se le cose non fossero andate come lui voleva, avrebbe inasprito le sanzioni. Quello che sicuramente irrita Trump è il fatto che si stanno dilatando sempre di più i tempi per discutere dei veri nodi da sciogliere. Sicuramente la questione dirimente è quella del riconoscimento dei territori.


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In che cosa la condotta di Putin su questo punto infastidisce Trump?

I russi, giustamente, non hanno alcun interesse a fermarsi adesso. Putin ha detto chiaramente che la Russia è vincente, che ha l’iniziativa strategica su tutta la lunghezza del fronte e non si fermerà. Per questo siamo ancora molto lontani da un accordo sul cessate il fuoco. Trump è arrabbiato perché il capo del Cremlino non arriva al dunque sulla questione dei territori.

Ci sono almeno delle ipotesi sul tappeto su questo tema?

Sul tavolo ci sono due opzioni: il riconoscimento di tutti i territori occupati (Crimea compresa) o solo della Crimea, cercando formule diverse per gli altri. Quello dei territori è l’aspetto chiave di tutto il conflitto, che potrebbe creare grande imbarazzo all’Europa.

La minaccia di Trump di imporre ulteriori sanzioni alla Russia è credibile? In fondo Putin, finora, se l’è cavata bene nonostante i provvedimenti economici contro di lui.

Trump ha minacciato molte volte Putin anche prima che iniziassero i negoziati. I russi, però, sono molto cauti: sanno benissimo che a loro conviene consolidare i risultati sul campo; piano piano stanno conseguendo i loro obiettivi. La preoccupazione di Trump, invece, è quella di non perdere la faccia, di portare a casa un risultato che possa anche salvaguardare la reputazione degli Stati Uniti, senza assecondare al 100 per cento le richieste della Russia.

Quale può essere la soluzione che evita brutte figure alla nuova amministrazione USA?

Putin potrebbe giocare la carta Odessa: è molto difficile da conseguire come obiettivo militare, perché è molto ben difesa e ha un’unica direttrice di attacco. È sempre stata, tuttavia, un obiettivo russo. Mosca potrebbe decidere di rinunciare alla conquista della città sul Mar Nero, ricevendo in cambio i riconoscimento della Crimea e altri territori. Questo significa che gli USA sarebbero i garanti dell’accordo per la sicurezza di Odessa e per quella dei territori occupati russi.

Se Putin riuscisse a ottenere un risultato del genere, strategicamente sarebbe un successo enorme e, secondo me, questo è quello a cui tendono i russi.

Anche in campagna elettorale gli uomini di Trump hanno sempre dichiarato che, per arrivare alla pace, entrambe le parti dovranno fare delle concessioni. Si limiteranno a queste?

In questo momento le devono farne molto di più gli americani e l’Occidente che non la Russia, che potrebbe mollare Odessa e concedere inoltre agli americani di sfruttare le terre rare anche nei territori occupati in Ucraina. A Trump non importa molto del riconoscimento dei territori; gli interessa molto di più ottenere risultati commerciali.

Trump ha nuovamente minacciato Zelensky di grossi guai se non firmerà l’accordo sulle materie prime. L’intesa USA-Ucraina su questo punto è ancora in alto mare?

A Zelensky non vanno giù le condizioni che Trump sta ponendo per lo sfruttamento delle risorse ucraine, come la restituzione del prestito americano concesso per affrontare la guerra. La logica del presidente americano è una logica commerciale, quindi se Washington ha dato molti soldi a Kiev, quest’ultima li deve restituire: lo sfruttamento delle terre rare e delle strutture energetiche contribuirebbe a compensare tutto questo. Il problema è che tutto dovrebbe avvenire con sgravi fiscali estremamente favorevoli agli USA, con condizioni quasi capestro per l’Ucraina.

Zelensky, quindi, si oppone per la seconda volta all’accordo per le risorse minerarie?

La sua carriera politica, molto probabilmente, sta arrivando alla fine. Le indiscrezioni dicono che vorrebbe ripresentarsi alle elezioni presidenziali e, per conservare un barlume di credibilità, fa questa opposizione di facciata nei confronti di Trump.

Potrebbe essere visto come primo atto della sua campagna elettorale?

Potrebbe, anche se è molto difficile opporsi agli Stati Uniti. Poi lo stesso Zelensky, per quanto riguarda le risorse naturali, ha già preso accordi anche con gli inglesi. In tutto questo contesto, però, l’unica certezza al momento è che il cessate il fuoco si spinge molto più in là.

Ma quali potrebbero essere i grossi guai minacciati da Trump? Potrebbe abbandonare l’Ucraina al suo destino?

Intanto, sicuramente, Zelensky uscirà di scena, perché Trump lo sta dicendo da tempo. Bisogna vedere quando verranno indette le elezioni: si parlava di questa estate, ma potrebbero anche obbligarlo ad andarsene prima.

Viste le condizioni che gli USA vogliono imporre nell’accordo sulle risorse minerarie, sarà difficile che un candidato si presenti sostenendo che si tratti di un’intesa da sottoscrivere. Chi sosterranno allora gli americani?

Bisogna vedere come possono essere strumentalizzate le opposizioni, ma questa è un’altra partita. Ricordiamoci anche che inglesi e americani puntano su candidati diversi: i primi pensano a Zaluzhny, i secondi a Timoshenko e Poroshenko.

Per quello che sappiamo ora, quindi, cosa ci dobbiamo aspettare? Un accordo per Pasqua è possibile?

Direi di no, a meno di colpi di scena. L’unica certezza è che i russi continueranno la guerra: la situazione militare dell’Ucraina è sempre più precaria; Kursk è quasi completamente riconquistata dai russi e ci sono importanti iniziative a Sumy, dove la Russia vuole creare una zona cuscinetto. Comunque, non ci sarà un cessate il fuoco senza che i russi abbiano discusso con gli Stati Uniti le cause della guerra e che, in qualche modo, ci sia un’assunzione di responsabilità degli Stati Uniti per quello che è avvenuto.

Gli USA sono disposti ad ammettere le loro colpe?

È già uscita un’inchiesta del New York Times proprio sul ruolo degli Stati Uniti nel preparare e condurre la guerra. Tanto Trump dirà che è colpa di Biden. Il pacchetto è pronto. E i russi non si fermeranno fino a quando non avranno la garanzia che le condizioni che li hanno portati a prendersi la Crimea, e quindi a scatenare la guerra in Donbass, non si verificheranno più.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Donald TrumpVladimir PutinVolodymyr Zelensky

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