Donald Trump ha dichiarato lo stato d'Emergenza nazionale: lo squilibrio nei rapporti commerciali esteri ha prodotto un deficit di oltre 1,2 trilioni

Con la tanto decantata entrata in vigore dei più volte minacciati dazi, il presidente USA Donald Trump ha anche voluto dichiarare lo stato d’Emergenza nazionale per il territorio statunitense che prevede l’immediata entrata in vigore di una serie di provvedimenti utili a preservare a tutelare la sovranità e l’economia degli Stati Uniti: tra queste – naturalmente – la fetta più importante riguarda proprio i dazi, con l’apposito decreto sull’Emergenza nazionale che ricorda che dal 5 aprile tutti i paesi che importano negli States pagheranno un minimo del 10% in più; al quale – solamente dal 9 aprile – si aggiungeranno una seconda serie di tariffe specifiche per numerosi paesi.



Al di là della questione dazi – che comunque trovate dettagliata in quest’altro articolo -, è interessante soffermarci sulla dichiarazione d’Emergenza firmata da Donald Trump che parte dal ricordare come il sempre più marcato “deficit commerciale” statunitense sia collegato “all’assenza di reciprocità nelle relazioni commerciali” con gli altri attori globali, oltre che dalle “politiche dannose” che includono “la manipolazione valutaria e le imposte sul valore aggiunto”.



Donald Trump dichiara l’Emergenza nazionale: “A causa del trattamento ingiusto dei partner abbiamo un deficit di 1,2 trilioni di dollari”

Pratiche – rileva ancora l’ordinanza di Donald Trump – che “compromettono la nostra capacità di produrre beni essenziali” e che hanno costretto le aziende locali a pagare “oltre 200 miliardi di dollari all’anno” per la sola IVA alla quale si aggiungono anche le “imposte alla frontiera” che colpiscono solo le merci americane e non quelle europee vendute negli States; il tutto unitamente al fatto che per i costi derivanti da “merci contraffatte, software pirata e furto di segreti commerciali” ammonterebbe a circa “600 miliardi di dollari” per un complessivo “deficit commerciale di beni” superiore agli “1,2 trilioni di dollari”.



Proprio in quest’ottica va letta la scelta di dichiarare l’Emergenza nazionale, al fine – proprio attraverso i dazi – di “risolvere le ingiustizie del commercio globale” stimolando “la crescita economica del popolo americano” ed invertendo al contempo quel calo netto nella “produzione manifatturiera statunitense” sul mercato mondiale passata dal “28,4% del 2001” al “17,4% (..) nel 2023”; tutelando al contempo il “vantaggio competitivo” degli USA e “la nostra sicurezza nazionale ed economica”.

Gli effetti stimati delle nuove tariffe imposte da Donald Trump dovrebbero essere pari ad un aumento dell’economia di “728 miliardi di dollari” che si unirebbe alla creazione di “2,8 milioni di posti di lavoro” e ad un aumento complessivo dei redditi familiari “del 5,7%”; mentre al contempo tutti gli studi più recenti hanno dimostrato che i dazi “hanno ridotto le importazioni [e] stimolato una maggiore produzione statunitense”, senza intaccare eccessivamente i “prezzi” – e quasi sempre con “effetti temporanei” – e senza “alcuna correlazione con l’inflazione”, aumentando – infine – anche la domanda di “prodotti realizzati negli Stati Uniti”.