Harvard, università anti-Trump per eccellenza, è in rotta con l’Amministrazione Usa: lo scontro potrebbe anche portare al suo fallimento
L’altro ieri il segretario statunitense alla Sicurezza Interna, Kristi Noem, ha inferto un duro colpo all’Università di Harvard, cancellando con effetto immediato la possibilità per l’ateneo di iscrivere e concedere visti agli studenti stranieri. Anzi, se il giudice White della California in queste ore non avesse frenato l’Amministrazione, sarebbe anche cominciata l’espulsione degli studenti stranieri già dotati del visto universitario.
L’Università di Harvard, oltre che baluardo dell’opposizione a Trump, è la culla del progressismo e del pensiero woke americano. Da lì sono usciti i Clinton e gli Obama, solo per citare alcuni ex alunni; da Harvard passano i rampolli delle famiglie più ricche degli USA. Ed è inutile dire che tutta la multiforme lobby liberal statunitense si è mobilitata, definendo quello dell’amministrazione un attacco al libero insegnamento. Altrettanto inutile dire che il rapporto di Harvard con Trump, sin dalla precedente amministrazione, è sempre stato contrastato.
Già nel 2020, infatti, durante il primo mandato del tycoon, Harvard fu coinvolta in un’indagine che avrebbe rivelato come le università statunitensi non avessero dichiarato almeno 6,5 miliardi di dollari di finanziamenti dall’estero. L’amministrazione Biden fermò l’inchiesta nel 2024.
Per analizzare i fatti, però, è opportuno fornire due dati in merito alla situazione di Harvard. L’università, nel 2024, ha dichiarato un patrimonio di 53,2 miliardi, gestito dal fondo universitario più ricco del mondo, che ha avuto un rendimento del 9,6%. L’ateneo ha ricevuto, nel 2024, 9 miliardi di finanziamenti privati, più 2,2 miliardi di denaro pubblico, senza alcun controllo né di spesa né di altro genere, e in regime di completa esenzione fiscale.
Un anno di università ad Harvard costa mediamente, tutto compreso, circa 100mila dollari, con una corsia preferenziale per i grandi donatori. L’università fornisce borse di studio per studenti con reddito fino a 200mila dollari. Ma, visto che ad entrare ad Harvard riesce solo il 5% dei richiedenti, questo di fatto aprirà sempre di più le porte dell’ateneo solo a coloro che possono effettuare donazioni milionarie. Non è quindi un eufemismo dire che Harvard interpreta gli interessi dei ricchi liberal e che la sua difesa è un boomerang ideologico per la sinistra americana, arroccata nella sua ricchezza e nei suoi privilegi.
Il divieto odierno, in realtà, nasce da una richiesta federale del mese scorso, quando l’amministrazione chiese all’ateneo di condividere le informazioni sui finanziamenti ricevuti dall’estero. Inoltre, l’università non ha fornito alle autorità federali, entro il 30 aprile, informazioni su atti violenti o contro la legge compiuti dagli studenti stranieri nelle sue sedi, soprattutto durante le proteste pro Palestina.
Considerando che circa un terzo degli studenti di Harvard viene dall’estero, il danno sarebbe enorme per l’università e potrebbe condurre al fallimento dell’istituzione. Per non aderire alle richieste dell’amministrazione, l’ateneo deve rinunciare alla possibilità di emettere visti per studenti.
L’istituzione potrà tornare ad avere studenti stranieri se invierà al Dipartimento della Sicurezza Interna (Homeland Security) una serie di documenti, anche audio e video, riguardanti le attività pericolose, violente o illegali, oltre alle minacce rivolte da studenti stranieri durante le proteste pro-Palestina, e tutta la documentazione disciplinare prodotta dall’ateneo in merito. A questo va aggiunta anche la documentazione, anche audio e video, di proteste commesse nei campus universitari da studenti stranieri.
La Casa Bianca ha chiesto anche che siano raccolte interviste con il personale, i docenti e gli studenti per conoscerne i punti di vista sulla gestione universitaria. Lunedì il rettore Alan Garber ha respinto la richiesta, definendola un attacco illegale alla sua autonomia.
È chiaro che Kristi Noem non osteggia gli studenti stranieri, ma mira agli autori delle proteste, spesso violente, che hanno avuto luogo nell’area dell’università o che hanno coinvolto studenti universitari stranieri che, secondo le indagini, sarebbero coinvolti in attività terroristiche. Non a caso, la comunicazione è avvenuta nel giorno in cui un esaltato ha ucciso due cittadini israeliani a Washington gridando “Free Palestine”.
Da notare, infine, che la Cina, che critica aspramente la decadenza e l’immoralità della civiltà occidentale, ha criticato con forza la misura che vieterebbe a circa 10mila cinesi all’anno di attingere alla ricerca ed alla formazione americani.
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