La Cina invierebbe soldati in Ucraina come forza di pace. E vorrebbe tornare a fare affari con Kiev, continuando a prendersi fette dell’economia russa
Militari cinesi in Ucraina come forza di peacekeeping sotto la bandiera dell’ONU. Xi Jinping è disponibile a inviarli, anche se molto difficilmente riuscirà a farlo. I russi sono d’accordo, lo ha confermato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, ma gli ucraini no. E poi ci sarebbero da vincere le resistenze degli USA, come del Regno Unito e della Francia, tutti membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Due le ipotesi per cui i cinesi potrebbero essersi fatti avanti, spiega Massimo Introvigne, sociologo fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter: mettere i bastoni fra le ruote ai volenterosi europei o riavvicinarsi agli ucraini per riallacciare rapporti economici e fare affari.
Il problema è che Pechino ha sostenuto Mosca nella guerra e questo Kiev non lo manda giù. Un sostegno che, però, non è gratuito: nella parte orientale della Russia c’è una penetrazione di capitali cinesi, anche per acquisire aziende russe, che dimostra il peso sempre più importante di Pechino nell’economia del Cremlino.
La Cina potrebbe inviare delle forze di pace in Ucraina: una strada praticabile?
Mi sembra una proposta propagandistica e prematura. I cinesi dicono che andranno in Ucraina solo sotto l’ombrello ONU, ma perché succeda occorre l’approvazione anche degli Stati Uniti e non credo che gli USA vogliano i cinesi in un’area dove hanno preso il controllo delle terre rare e sperano di prendere quello di una centrale nucleare. Ma è anche difficile che i russi accettino un cappello ONU a una forza di interposizione in cui ci siano altri Paesi del Consiglio di sicurezza come Francia e Gran Bretagna. E, quando anche americani e russi si accordassero per una presenza cinese, gli europei non l’accetterebbero mai. Mi sembra, insomma, che dal punto di vista della fattibilità pratica dell’operazione non siamo vicinissimi alla realizzazione. Anche gli ucraini hanno già detto che i cinesi non li vogliono perché sono fornitori di armi ai russi.
Se si parla di un’ipotesi difficilmente realizzabile, perché allora la Cina ha dato questa disponibilità?
La Cina non ha esigenze di propaganda interna, perché non esiste un’opinione pubblica cinese indipendente dal partito. Per capire il senso dell’iniziativa si possono formulare due ipotesi: la prima è che i cinesi si muovano in accordo con i russi per confondere le acque e quindi per sabotare le proposte anglo-francesi di una coalizione di volenterosi amici dell’Ucraina, proponendo alternative a questa soluzione e quindi mettendo sabbia negli ingranaggi dell’iniziativa Macron-Starmer.
La seconda, invece?
Fino al 2022 la Cina aveva buone relazioni con l’Ucraina e tutta una serie di progetti economici. Potrebbe voler riannodare il filo del discorso con gli ucraini anche in vista degli affari miliardari della ricostruzione, inviando un segnale: “Non siamo nemici”. Un segnale che però, al momento, gli ucraini non hanno raccolto. Vogliono che prima i cinesi smettano di parlare dell’alleanza indefettibile con la Russia e di fornire a Mosca droni e altro.
La posizione ucraina è comprensibile: di fatto la guerra è stata l’occasione per rinsaldare i legami fra Russia e Cina. Legami che sono sempre più forti?
Anche sul piano delle materie prime la Cina aveva un rapporto molto stretto e positivo con l’Ucraina, continuato anche dopo il 2014 nonostante Pechino avesse riconosciuto l’annessione della Crimea da parte dei russi. Bastava andare in Ucraina per vedere quanto estesa fosse la presenza dei cinesi nel Paese. C’era un rapporto soprattutto economico molto stretto che è andato a carte quarantotto: con l’inizio della guerra la Cina ha detto alle sue aziende di andare via dall’Ucraina. Ora non è impossibile che sia interessata a rientrare: pone sempre una speciale attenzione ai Paesi che dispongono di materie prime. I cinesi dicono di avere inventato la diplomazia, infatti le prime scuole di diplomazia risalirebbero a prima di Cristo nello Henan, ma, per quanto siano furbi, tenere il piede in tre staffe è difficile.
Insomma, l’obiettivo cinese qual è?
Dal punto di vista propagandistico la Cina vuole segnalare di essere un attore internazionale responsabile e disponibile a fare la sua parte. Un elemento che, nei confronti di tanti Paesi, soprattutto in via di sviluppo, sarà giocato dalla propaganda dicendo: “Vedete, quando c’è bisogno noi ci siamo”.
Tra le due ipotesi, proposta fatta in accordo con i russi per mettere in difficoltà francesi e britannici e volontà di riprendere gli affari con l’Ucraina, visto l’approccio pragmatico dei cinesi alle vicende internazionali, forse prevale la seconda?
È possibile. D’altro canto, però, la Cina in tutto questo conflitto ha continuato a giocare di sponda con Putin non gratuitamente. Ogni assist e ogni favore di Putin la Russia lo paga con una maggiore penetrazione di capitali e industrie cinesi, soprattutto nella parte orientale del Paese. Mi diceva qualche collega asiatico che certe zone ormai sembrano colonie cinesi. È una cosa che si vede poco, ma la Russia vede accrescere la dipendenza dalla Cina, la presenza di capitali cinesi e di aziende russe che diventano di proprietà cinese dentro i suoi confini. Un altro gioco che per la Cina è molto conveniente. Dà un sostegno politico e militare alla Russia, quest’ultimo non molto costoso, visto che fornisce qualche drone e pezzi di ricambio, ma ha ottenuto dai russi la rimozione di tutte le barriere che impedivano la massiccia penetrazione economica cinese in Russia. Si sono presi pezzi di Russia: gli analisti secondo i quali il proseguimento della guerra in Ucraina conviene alla Cina non hanno neppure torto.
C’è un vero e proprio piano cinese in questo senso?
Quello di avanzare in Russia e di trasformare soprattutto l’Oriente russo in una zona di colonizzazione economica cinese è un progetto che esiste dal Settecento, è secolare. Certo è che per i cinesi continuare ad avanzare economicamente sia in Russia sia in l’Ucraina diventa difficile.
(Paolo Rossetti)
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