Asiatimes parla di militari di Francia, UK, Polonia e Finlandia già in Ucraina. Ma la Nato non può intervenire per iniziativa di singoli Stati
“Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina, dovremmo legittimamente porci la domanda”. Il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito così all’Economist la possibilità di inviare truppe occidentali in Ucraina. E secondo alcune voci i primi soldati sarebbero già arrivati. Il sito asiatimes.com, ad esempio, sostiene che in Ucraina stanno arrivando militari di Polonia, Francia, Gran Bretagna e Finlandia, concentrati nella parte occidentale del Paese, anche se l’interpretazione della NATO è che sarebbero lì solo per utilizzare sofisticate attrezzature.
Perché l’Alleanza atlantica possa effettivamente disporre l’invio di truppe, però, osserva Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della NATO in Italia e capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan, occorrerebbe una decisione comune dei 32 Paesi aderenti, che potrebbe essere giustificata solo nel caso di aggressione di una nazione NATO. Certo, i singoli stati potrebbero inviare soldati autonomamente, sotto la loro bandiera. Ma questo non cambierebbe molto la situazione, per il Patto atlantico sarebbe lo stesso un problema e soprattutto aprirebbe lo scenario di una guerra mondiale.
Macron torna a parlare della possibilità di inviare truppe in Ucraina e secondo alcune fonti ci sono Paesi che appartengono alla NATO che avrebbero già mandato i primi soldati. L’Occidente sta pensando seriamente di supportare Kiev con degli uomini?
Ritengo che i Paesi baltici e quelli che sono a contatto con la Russia o prossimi all’Ucraina, che temono, quindi, di trovarsi i russi davanti se riuscissero a sfondare il fronte ucraino, si stiano preparando a questa eventualità. Lituania, Estonia e Lettonia, insieme alla Polonia, hanno sofferto l’occupazione sovietica: un’occupazione brutale di cui si ricordano ancora. Dire che ci siano truppe già presenti in Ucraina, tuttavia, è un po’ difficile.
Come bisognerebbe procedere perché la NATO compia questo passo?
Macron ha ipotizzato per la prima volta a fine febbraio l’invio di truppe occidentali in Ucraina e anche nelle ultime ore è tornato a forzare un po’ la mano, ma arrivare a un intervento effettivo della NATO non è così semplice. L’articolo 5 dello statuto dice che se un Paese dell’Alleanza atlantica viene aggredito è come se fossero aggrediti tutti gli altri Paesi. Prevede che tutti agiscano insieme per difenderlo. Ma si parla di aggressione, di un’azione che viene subita da uno o più Paesi dell’Alleanza. Quello che vorrebbe fare Macron è inviare truppe senza che si presenti la circostanza prevista dall’articolo 5. Se poi la Francia intende farlo sotto la bandiera nazionale invece che sotto quella della NATO, è un altro discorso.
Un intervento da parte della NATO, insomma, sarebbe difficile da giustificare?
Sì perché, appunto, sarebbe previsto solo in caso di aggressione di un Paese che aderisce all’Alleanza.
E non sono previsti altri tipi di intervento?
No. Si tratta di un’alleanza politico-militare difensiva. Le singole nazioni potrebbero decidere autonomamente di inviare delle truppe, anche se poi la differenza tra la presenza sotto la bandiera nazionale invece che in nome dell’Alleanza atlantica sarebbe molto sottile e molto labile.
Perché Macron ritorna periodicamente su questa ipotesi?
Credo che voglia richiamare l’attenzione dei Paesi NATO, soprattutto quelli che reagiscono diversamente alla situazione in ragione della distanza dal teatro di guerra. I Paesi più vicini all’Ucraina occidentale sentono di più il pericolo di un potenziale arrivo delle truppe russe in caso di sfondamento del fronte. Quelli più lontani sentono meno la minaccia.
Inviare soldati, però, non vorrebbe dire di fatto scatenare una guerra mondiale?
Dire che sia una mossa giusta è tutto da verificare. Bisogna sempre ricordare che la Russia ha armi nucleari e più di una volta ha minacciato di utilizzarle nel caso in cui il conflitto si allarghi e chiami direttamente in causa la NATO. La scelta, comunque, tocca ai 32 Paesi dell’Alleanza atlantica, attraverso il NAC (North Atlantic Council) l’organo in cui i rappresentanti dei governi decidono come agire in caso di una situazione di crisi.
Il Dipartimento di Stato americano accusa la Russia di aver usato armi chimiche in Ucraina. Una denuncia credibile?
Penso sia un richiamo dell’opinione pubblica internazionale sul modo scorretto di operare della Russia. Un ricorso dei russi alle armi chimiche era già stato segnalato qualche mese fa. Le armi di cui si parla oggi sono gas lacrimogeni che alcuni Paesi utilizzano anche contro le sommosse. Nel caso di un conflitto internazionale c’è una convenzione che ne proibisce l’uso. Comunque può anche essere vero che siano state usate queste sostanze. Anzi, la fanteria navale russa avrebbe ammesso l’uso del gas.
Tornando al tema delle truppe dobbiamo aspettarci l’invio di soldati occidentali al fronte ucraino o no?
Sicuramente degli istruttori ci sono già. Certamente qualche inglese e probabilmente qualche americano. Poi ci sono quei 20-30mila volontari stranieri che combattono nelle fila ucraine, tra cui anche degli occidentali: si parla di 50 morti di ex militari degli Stati Uniti. Per un intervento NATO, però, ci vuole una decisione politica dei 32 Paesi, e tutti devono essere d’accordo. Potrebbero esserci posizioni diverse: la Turchia, ad esempio, intrattiene rapporti con la Russia e ci sono altri Paesi che per altri motivi potrebbero non essere d’accordo. Se poi dovessero intervenire truppe di una singola nazione NATO, questo diventerebbe comunque un problema che l’Alleanza dovrà gestire.
(Paolo Rossetti)
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