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Home » Esteri » Ucraina » UCRAINA/ “Art. 5, volonterosi, sminatori, l’Italia non alimenti il dialogo tra sordi”

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UCRAINA/ “Art. 5, volonterosi, sminatori, l’Italia non alimenti il dialogo tra sordi”

Int. Giorgio Battisti
Pubblicato 29 Agosto 2025
Antonio Tajani (s), Giorgia Meloni (c) e Matteo Salvini sui banchi del governo (Ansa)

Antonio Tajani (s), Giorgia Meloni (c) e Matteo Salvini sui banchi del governo (Ansa)

L’Italia non invierà soldati in Ucraina, forse solo sminatori. Europei e russi non si intendono sulla sicurezza di Kiev. E la guerra è sempre più dura

Stabilire le condizioni di sicurezza per l’Ucraina dopo la fine della guerra è uno dei temi centrali della trattativa per porre termine al conflitto con i russi. Un negoziato che non decolla anche perché non ci sono posizioni chiare proprio su questo argomento. Il governo italiano (la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini, quello degli Esteri Antonio Tajani e della Difesa Guido Crosetto) ne ha discusso proprio ieri.


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L’esecutivo sta lavorando sulla proposta di un meccanismo difensivo simile a quello dell’articolo 5 della NATO e assicura che non ci saranno truppe italiane che metteranno piede in Ucraina. Tuttavia, stando ai rumors, all’interno dell’esecutivo non ci sarebbe unanimità di vedute.

Il problema, osserva Giorgio Battisti, generale già comandante del Corpo d’armata di reazione rapida (NRDC-ITA) della NATO in Italia e capo di stato maggiore della missione ISAF in Afghanistan, è che il dibattito sulle condizioni di sicurezza sembra un dialogo tra sordi, con da una parte i volenterosi e gli europei che propongono soluzioni che i russi hanno già bocciato più di una volta.


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Forse anche per questo Mosca ha intensificato gli attacchi. O anche per dimostrare che le notizie su una crisi energetica interna, dovuta alle incursioni ucraine in raffinerie e depositi di carburante, sono destituite di fondamento.

L’Italia lavora sulle garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina, in particolare intorno alla proposta di un meccanismo difensivo di sicurezza collettiva ispirato all’articolo 5 del Trattato NATO. Com’è possibile applicare un meccanismo previsto dall’Alleanza atlantica con l’Ucraina che rimane fuori dalla NATO?

Così com’è, l’articolo 5 dello statuto NATO non si può applicare all’Ucraina. Prevede che, se un Paese dell’Alleanza viene aggredito, tutti gli altri Paesi aderenti intervengano in suo favore. Non è che se la Russia attacca la Lettonia, tutti gli altri 31 Paesi devono intervenire militarmente: ognuno può farlo nel modo che ritiene più opportuno, con le forze armate, ma anche fornendo supporto logistico, finanziamenti o altro ancora.


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Allora di cosa si parla quando ci si riferisce a un meccanismo “simile” all’articolo 5?

Probabilmente ci si riferisce a una coalizione di volenterosi, fuori dal perimetro della NATO, che si assume la responsabilità di proteggere l’Ucraina qualora venisse nuovamente aggredita. Questo sicuramente dopo un accordo di pace, come vuole la Russia, oppure dopo il cessate il fuoco su cui i Paesi occidentali continuano a insistere.

Questi volenterosi come dovrebbero comportarsi?

In caso di attacco all’Ucraina dovrebbero intervenire. È un caso simile a quello della Gran Bretagna e della Francia nel 1939, quando strinsero un accordo con la Polonia, secondo il quale sarebbero intervenuti in suo favore qualora fosse stata aggredita.

Ma perché i russi dovrebbero accettare questa proposta?

Infatti, i russi non hanno mai detto che l’accetteranno. Hanno solo dichiarato che, una volta che si arriverà a un accordo di pace che rispetti le loro condizioni (quindi la cessione della Crimea e di altri territori, più la smilitarizzazione dell’Ucraina), potrebbero accettare uno schieramento di forze di peacekeeping con un mandato ONU.

Il presidente russo Vladimir Putin (Ansa)

Il comunicato del governo dice che l’Italia lavora a un meccanismo tipo articolo 5 della NATO, ma anche che non è prevista alcuna partecipazione italiana a un’eventuale forza multinazionale da impegnare in territorio ucraino. Cosa significa?

Si può partecipare anche con una forza aerea schierata fuori dal territorio ucraino, prendendo parte al monitoraggio della situazione e alla formazione del personale ma restando fuori dall’Ucraina; oppure, come ha detto il ministro Tajani nei giorni scorsi, con personale inviato a sminare il territorio. Quello che l’Italia dice è che non invierà un contingente boots on the ground in Ucraina, come invece sembrano ipotizzare Francia e Gran Bretagna.

Ma gli sminatori sono comunque soldati, quindi armati. Anche se il loro obiettivo è quello di impedire l’esplosione delle mine, la loro presenza sarebbe un problema?

In quel contesto andrebbero armati, se non con armi pesanti almeno con armi proprie per la difesa personale. Ci sono tre tipologie di ordigni non esplosi sul terreno: le mine antiuomo e anticarro, usate sia dai russi che dagli ucraini; i proiettili di artiglieria; infine le cluster bomb, le bombe a grappolo, sistemate in un contenitore che può essere lanciato da un aereo o da un elicottero. Quando il contenitore si apre, le dissemina nel terreno, ma il 50% degli ordigni non esplode.

Cosa pensa dell’attuale situazione?

Mi sembra che siamo di fronte a un dialogo tra sordi: da una parte si parla di articolo 5 e di cessate il fuoco, dall’altra di forze di interposizione inviate con una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con un contingente multinazionale che non comprenda forze occidentali. Oppure di forze da inviare durante la tregua, come nell’ipotesi degli sminatori. Di sicuro, sul tema delle condizioni di sicurezza per l’Ucraina c’è ancora tanta indeterminazione.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Giorgia MeloniMatteo SalviniGuido CrosettoAntonio Tajani

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