Ieri Giorgia Meloni si è dissociata dall'ipotesi che l'Ue presenti un contro-piano alternativo a quello di Trump. Nella giornata sono arrivati i punti Ue

Nella domenica più delicata per il futuro dell’Ucraina, Giorgia Meloni ha cercato di ritagliarsi un ruolo non da comprimaria nella trattativa frenetica innescata dal Piano Trump in 28 punti. Un piano durissimo, per Kiev, ma ancor più per l’Europa. Le diplomazie si sono messe febbrilmente al lavoro per evitare l’umiliazione contemporanea di UE ed Ucraina. E qualcosa si è mosso, sull’asse che collega il Sudafrica, sede del G20, con Ginevra, dove il confronto era fra europei, ucraini e americani.



Nell’ambito di questi convulsi negoziati, Meloni si è trovata in una posizione smarcata rispetto a quella di Francia e Germania. Da una parte il suo rapporto privilegiato con la Casa Bianca, dall’altra un piano che sacrifica le aspettative europee, che non si può accettare a scatola chiusa, con il Vecchio Continente condannato all’irrilevanza, al massimo a quello di pagatore di un nuovo equilibrio di cui a godere sarebbero russi e americani.



Meloni ha quindi tentato di diversificarsi dal resto degli europei. Nel bivio fra riscrivere radicalmente il piano Trump e accettarlo, la terza via scelta dalla premier italiana è sintetizzata in una frase pronunciata a Johannesburg: “Il tema non è lavorare su una totale controproposta, ci sono molti punti condivisibili, ha senso lavorare sulla proposta che c’è”.

E alla fine sembra che sia la posizione che sta prevalendo. Per Meloni alcuni punti sono da rivedere, “come quelli sui territori, sul finanziamento della ricostruzione o sull’esercito ucraino”, e altri “molto positivi, come le garanzie di sicurezza”.



A rinfrancare la Meloni è stata anche una telefonata con Trump, effettuata con il presidente finlandese Stubb, e raccontata come abbastanza lunga. Il presidente USA si sarebbe mostrato disponibile a modifiche. Il piano in 28 punti, quindi, non è intoccabile. E il segretario di Stato americano Rubio ha confermato che a Ginevra sono stati fatti progressi straordinari, solo che serve più tempo, i punti aperti non sono insormontabili.

La prudenza di Meloni sembra quindi giustificata, in un terreno che definire minato è poco. La sua esigenza è smarcarsi da chi, Macron in testa, mantiene un atteggiamento bellicista, che non ha mai condiviso, e che in Italia non sarebbe immaginabile, visti tutti i distinguo di Salvini nella sua maggioranza e la posizione non proprio favorevole a Kiev di quella parte di opposizione che fa capo a Conte.

Ecco perché la presidente del Consiglio non può che prendere tempo sull’adesione al piano PURL, cioè all’acquisto dagli USA delle armi destinate all’Ucraina, mentre lavora al 12esimo pacchetto di aiuti italiani. Del resto, molti dei nodi da sciogliere intorno ai 28 punti di Trump necessitano dell’Europa (garanzie di sicurezza, ricostruzione, accesso alla UE). Quindi, per Meloni “è una prova di maturità per l’Europa”.

Ma ci sono altri punti critici che riguardano la NATO e il suo rapporto futuro con Kiev. Certo, però, è che per la premier “tutti stanno facendo la loro parte, tranne che i russi”. Il dato è dirimente, manca qualunque manifestazione di buona volontà come potrebbe essere un cessate il fuoco temporaneo, almeno sulle infrastrutture strategiche e quelle civili, così da favorire le trattative di pace.

La fase rimane delicata, il pressing è tanto sulla Casa Bianca quanto sul Cremlino. L’obiettivo che Palazzo Chigi si è posto è di arrivare a una proposta seria per “andare a vedere il bluff di Putin”, che non mostra alcuna reale volontà di chiudere il conflitto in un tempo ragionevolmente breve. Spingere sul Cremlino, insomma, per spingerlo a trattare sul serio.

Quanto a Trump, la premier ha raccontato di aver spiegato che il nostro Paese non dipende più dal petrolio russo, e che le uscite polemiche contro Kiev e l’Europa sbagliano sostanzialmente bersaglio. Ma ogni strada per una pace che non sia una resa ucraina va bene, anche quella del presidente turco Erdogan (incontrato al G20 sudafricano): è uno dei pochi che può parlare sia con Putin che con Trump. Bisogna vedere se funzionerà.

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