Trump si conferma ondivago sulla posizione da tenere in Ucraina. A Kiev converrebbe trattare, ma anche per Mosca la situazione si complica
Trump ondeggia fra la riduzione delle armi a Kiev e il suo sostegno per la difesa aerea. Ma alla fine gli interessa di più Putin (e gli affari che può concludere con lui) che non Zelensky, e anche se gli USA minacciano pesanti sanzioni contro il Cremlino, alla fine potrebbe non scontentare più di tanto i russi.
La realtà, osserva Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, è che all’Ucraina, per come si sono messe le cose, converrebbe trattare, perché la guerra non riusciva a vincerla neanche quando i rifornimenti dell’Occidente erano più consistenti degli attuali. Putin, per parte sua, ha degli obiettivi e li perseguirà, anche continuando a combattere. Dovrà però fare attenzione a nuovi fronti di instabilità nel Caucaso e nel Baltico.
Trump prima riduce l’invio di missili all’Ucraina, poi promette di aiutare Kiev nella difesa aerea. Che strategia ha in mente?
Trump è difficile da interpretare. A Zelensky ha ribadito che contribuirà alla difesa aerea dell’Ucraina, ma è abbastanza altalenante nelle sue affermazioni. Credo che tra Zelensky e Putin scelga quest’ultimo perché la Russia, per gli Stati Uniti, è più importante di quanto possa essere l’Ucraina. Fare previsioni non è facile. L’unica cosa che possiamo osservare è che sul campo la situazione per gli ucraini non migliora. Ma non è che quando avevano il supporto pieno degli USA le cose andassero meglio. Penso che Trump, alla fine, che da commerciante è uno che sa valutare le situazioni, si renderà conto chi è vincente e chi perdente. All’Ucraina sono state date tantissime armi, ma, a parte la tentata controffensiva del settembre 2023 e l’iniziativa nel Kursk, non si è visto granché per realizzare l’annunciato programma di riprendersi i territori occupati.
L’Ucraina sconta anche fattori come la corruzione nell’esercito o una strategia militare che lascia a desiderare?
La guerra si fa con gli uomini che la combattono, e l’Ucraina ne è carente da sempre. Per trovare i soldati ricorre anche al reclutamento forzato per le strade. Inoltre, deve fare i conti con molte perdite. Nello scambio dei corpi dei soldati morti, i russi ne restituiscono un migliaio per volta, gli ucraini 50-100 al massimo, un decimo del nemico. Poi, gli interventi missilistici di Mosca sono impressionanti, vanno in profondità nel territorio. E da parte ucraina non sappiamo mai quanti morti causano: si parla solo di civili deceduti, invece pare che siano stati colpiti dei centri di addestramento, nei quali probabilmente si trovavano militari o consiglieri non ucraini.
Trump ha detto che ha paura che Putin voglia andare fino in fondo con la guerra. Il capo del Cremlino ormai ha deciso che quello che vuole se lo prenderà con le armi?
Putin non ha detto di voler continuare la guerra, ma non ha mai smesso di dichiarare che l’obiettivo di questa guerra era la rimozione della minaccia dell’Ucraina. E fino a quando Kiev potrebbe essere inclusa nella NATO, continuerà a ripetere che non gli sta bene. Ha sempre detto sì al negoziato, che però deve tenere conto dell’esigenza di sicurezza della Russia, cioè che l’Ucraina deve essere neutrale. Se non lo ottiene trattando, lo farà combattendo.
Perché Zelensky continua a insistere sull’ingresso di Kiev in UE e nell’Alleanza Atlantica?
In molti hanno detto che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO e nella UE, ma Zelensky insiste perché c’è qualcuno che lo illude. Per entrare nell’Unione Europea occorre l’unanimità, e Slovacchia e Ungheria sono contrari. E c’è opposizione da parte di alcuni Paesi anche perché entri nella NATO. Putin non accetta nessuna delle due prospettive, e allora, siccome dal punto di vista militare in Ucraina le cose vanno bene, non ha motivo di concludere la guerra.
Ci sono invece altri fronti che il Cremlino deve temere?
Sì, la preoccupazione di Mosca va a ciò che è successo in Iran, Paese alleato, ma anche al deterioramento dei rapporti con l’Azerbaijan, ora molto critico nei confronti della Russia. L’Azerbaijan, con l’Iran, è uno dei Paesi attraverso i quali dovrebbe passare il corridoio Nord-Sud che da San Pietroburgo arriva fino a Bandar Abbas, ed è alleato di Israele, a sua volta alleato con gli USA. E Israele è di fatto un componente dell’Occidente collettivo che è in guerra con la Russia. Putin, quindi, non può occuparsi solo dell’Ucraina, ma anche di quello che succede a sud del Caucaso e a nord, nel Baltico, dove le navi della flotta ombra devono essere scortate dalla flotta russa schierata a Kaliningrad, per evitare che vengano fermate, soprattutto dagli estoni.
In uno scenario in cui Putin continua la guerra, i volenterosi, che hanno sempre parlato di un capo del Cremlino determinato a combattere e non a trattare, possono rivendicare un ruolo? Hanno annunciato una riunione il 10 luglio alla quale dovrebbe partecipare anche Giorgia Meloni.
Intanto dobbiamo capire chi sono i “volenterosi”. Erano la Francia, la Germania, la Gran Bretagna. Macron ha parlato con Putin ed esponenti del centrodestra italiano lo hanno criticato in tv dicendo che non si deve parlare con un dittatore che uccide gli ucraini. La Meloni potrà anche partecipare, ma mi sembra che i volenterosi siano un po’ passati in secondo piano. Chi è in primo piano è sicuramente Trump; l’Europa non la vedo, non dà segni di vita.
Mosca starebbe per utilizzare soldati del Laos per lo sminamento del Kursk: le sue alleanze si allargano?
C’è una fetta del mondo tutt’altro che insignificante che guarda con favore alla Russia. Ed è quella parte che orbita certamente attorno alla Russia, ma soprattutto alla Cina. Pechino non si impegna direttamente, nega di essere coinvolta in Ucraina, anche se sostiene che una sconfitta di Mosca sarebbe contraria ai suoi interessi.
Trump ha detto che il Senato americano è pronto a nuove pesanti sanzioni nei confronti della Russia. Darà retta ai repubblicani alla Lindsay Graham oppure vorrà salvaguardare gli affari di cui ha già parlato con Putin?
Credo che abbia l’interesse ad arrivare a un accomodamento con Putin, però è anche vero che le resistenze da parte europea sono tantissime. E quindi dovrà tenere conto anche di questo. L’Europa è pur sempre un continente-cliente, che conta da un punto di vista commerciale. Penso che Trump sia preso tra due tentazioni differenti: quella di insistere e, dall’altra parte, di mettere fine a questa situazione che può soltanto evolvere in maniera catastrofica: se ci fosse un intervento americano, non servirebbe ad altro che a spingere la Russia alle estreme conseguenze. E la Russia è una potenza nucleare.
Le sanzioni sono un pericolo o no per Putin?
Le più efficaci e temibili per la Russia sono quelle minacciate ai Paesi che hanno commerciato con Mosca, ai quali sarebbero imposti dazi del 500%. Ma sarebbe come sganciare una “bomba atomica” economica contro buona parte del mondo. Se questa percentuale si applicasse alla Turchia, che è uno dei partner che ha più rapporti con i russi, sarebbe devastante. Si tratta di un Paese che è anche nella NATO. Anche il Mediterraneo, d’altra parte, dove alcune navi ombra russe sono state oggetto di attentati, è testimone di un traffico commerciale con la Russia.
Realisticamente, l’unica cosa da fare per l’Ucraina sarebbe di trattare?
Zelensky avrebbe voluto farlo da tempo. Ma gli è stato proibito. Il primo a comportarsi in questo modo è stato Boris Johnson, che già nel 2022, di fronte a un possibile accordo, gli disse di continuare perché era “il momento della gloria”. Dietro a questo atteggiamento c’è in buona parte il Regno Unito, che insiste più di altri per continuare a mantenere l’Ucraina in guerra. Nel momento in cui non combattesse più, sarebbe una sconfitta per interposta persona dell’Occidente.
(Paolo Rossetti)
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