L'Europa crede ancora che soldi, intelligence e armamenti USA bastino per invertire le sorti della guerra. Ecco il piano di Bruxelles

L’Europa è ancora convinta che, senza la restituzione dei territori occupati da parte dei russi, non ci possa essere la pace. Ma siccome Mosca non accetterà mai, osserva Marco Bertolini, generale della Brigata Folgore e comandante di numerose operazioni speciali in Libano, Somalia, Kosovo e Afghanistan, nonostante la possibilità che le trattative tra Russia e Ucraina riprendano a Istanbul, lo scenario più probabile resta la prosecuzione del conflitto. Tanto più che, secondo Bloomberg, gli europei sarebbero intenzionati a comprare armi americane per sostituirsi agli USA nel sostegno a Kiev, ammorbidendo magari, in questo modo, la posizione di Trump sui dazi alla UE, nuovo bersaglio dell’amministrazione USA dopo che ha dovuto far marcia indietro con la Cina.



La tensione fra russi e ucraini resta alta: lo dimostrano gli oltre 300 droni e missili che Putin ha inviato in Ucraina in una sola notte, ma anche l’accusa al nemico di aver attaccato l’elicottero del presidente russo il giorno in cui si è recato in visita nel Kursk. Le richieste di Zelensky all’Occidente, d’altra parte, sono di aumentare la pressione sui russi, che altrimenti si sentirebbero autorizzati ad attaccare sempre di più.



La Russia stabilisce il nuovo record di attacco con i droni, usandone 300 in una notte, e Zelensky chiede all’Occidente di esercitare una forte pressione su Putin, perché il sostanziale silenzio sui suoi attacchi lo induce a operazioni militari sempre più violente. La trattativa non è più una prospettiva credibile?

Rimane sempre una prospettiva valida, alla quale lavorano tutti. C’è stato uno scambio di mille prigionieri: è un numero importante, significa che le parti si parlano. Ci sono ancora delle trattative, anche se resta il fatto che la Russia vuole che vengano accettate le sue condizioni. Non può assecondare la richiesta di una tregua avanzata dai “volenterosi”, per non ritrovarsi nel frattempo truppe di Paesi NATO in Ucraina e per questo continua le operazioni. Anzi, è decisamente molto attiva.



Bloomberg sostiene che la UE potrebbe acquistare armi dagli USA e continuare così a sostenere l’Ucraina anche se Washington dovesse sfilarsi. Tra l’altro, le servirebbe anche per ottenere da Trump condizioni migliori sui dazi. Uno scenario che si può avverare?

L’Europa teme che gli USA si sfilino, anche se ha fatto sue tutte le parole d’ordine statunitensi e l’intransigenza nei confronti dei russi professata dalla precedente amministrazione democratica. Adesso in America è cambiato il direttore d’orchestra e si è trovata spiazzata. Si è illusa che soldi, intelligence e armamenti statunitensi bastassero per invertire le sorti della guerra e non riesce a tornare indietro. Comunque, potrebbe crearsi una situazione win-win: Trump si tira indietro, ma vende a Bruxelles le armi che permettono a Kiev di continuare a combattere e di contrastare la Russia, che è pur sempre un competitor per gli Stati Uniti. Insomma, l’America ci guadagna e lascia la patata bollente in mano agli europei.

La UE, in questo modo, potrebbe rabbonire Trump riguardo all’innalzamento delle tariffe commerciali nei suoi confronti?

Sì, anche se il problema dell’Europa è di uscire da questa situazione di guerra. Sta continuando con una politica masochista, chiudendo gli spazi per una trattativa. E allora Trump, a questa stregua, può accontentarsi di venderle le sue armi. Gli ucraini hanno bisogno di sistemi contraerei in grado di abbattere i missili balistici, e questi li hanno solo gli americani; hanno bisogno di munizioni da 155 mm che, appunto, l’Europa non riesce a produrre. Il “win”, in realtà, vale per gli statunitensi.

Timothy Garton Ash, docente a Oxford, in un articolo ripreso da Repubblica, sostiene che non si può arrivare alla pace se Putin non molla i territori occupati. 

La guerra, così, non finirà mai. Tutti, compresi ucraini e americani, sanno che la Russia non abbandonerà i territori occupati. Anzi, Putin ha detto che vuole crearsi una fascia di sicurezza per evitare incursioni dall’Ucraina: c’è già nei quattro oblast parzialmente occupati, ma non a Kursk, Belgorod, Bryansk.

Si parla ancora di trattative, anche se la sede più probabile adesso sembra ancora Istanbul e non più il Vaticano. Visto il quadro della situazione, ripartirebbero con qualche prospettiva concreta?

Credo che, se ci sono dei colloqui, dei contatti, le possibilità che si arrivi a un accordo esistano. Si tratta di capire a quale prezzo. Per l’Ucraina, prima di tutto, ma anche per gli europei, che si sono voluti impegnare così pesantemente. Putin non cerca un cessate il fuoco, ma una nuova architettura di sicurezza che tenga conto delle esigenze della Russia. Gli USA lo hanno capito; fino a quando non lo faranno anche Ucraina ed Europa, le operazioni militari andranno avanti, partendo dalla situazione di vantaggio che Mosca si è guadagnata sul campo. Le trattative in Vaticano sono state escluse da Lavrov, ma non perché due Paesi ortodossi non possano accordarsi in quella che è la sede della Chiesa cattolica. Andare a trattare in un luogo del genere senza ottenere risultati potrebbe essere percepito come un insuccesso, e i russi non vogliono correre questo pericolo.

Di speranze, insomma, non ce ne sono?

La guerra va avanti perché gli obiettivi che la Russia si era posta non sono ancora stati raggiunti. E, fino a che non verranno conseguiti, per il Cremlino sarebbe una sconfitta. Le trattative, in questo contesto, soprattutto ora che Mosca sta vincendo, non possono ostacolare questo cammino. Vedendo anche l’ostinazione con cui Gran Bretagna, Francia e Germania incoraggiano Zelensky ad andare avanti, non vedo alternative.

(Paolo Rossetti)

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