Ieri l'inviato di Trump Steve Witkoff ha incontrato Putin. Il colloquio è stato definito utile da entrambe le parti. Possibile un incontro Trump-Putin
Un incontro “utile”. Così sono state definite le tre ore di colloquio che l’inviato speciale di Trump Steve Witkoff ha trascorso con il presidente russo Vladimir Putin, nel tentativo di sbrogliare i fili di una trattativa la cui soluzione sembra sfuggire al presidente americano che molto aveva puntato sulla “pace in ventiquattro ore”. Solo gli sviluppi nel breve termine potranno dire quali sono i “grandi progressi” annunciati da Trump dopo il vertice.
Appare comunque positivo che l’esito dell’incontro Putin-Witkoff sia stato condiviso con gli alleati occidentali. Dopo la missione del rappresentante americano, c’è stata una telefonata Trump-Zelensky, al termine della quale il presidente ucraino ha riconosciuto la necessità per il suo Paese di una pace duratura ed ha espresso la determinazione a finire la guerra.
È emerso che Putin potrebbe avere offerto una tregua aerea, ovvero uno stop ai lanci di missili che martellano le difese ucraine e le residue infrastrutture strategiche del Paese.
Non solo. Il presidente americano si è detto disponibile ad incontrare l’omologo russo, allargando un secondo incontro, se ci saranno le condizioni, oltre al capo del Cremlino anche al presidente Zelensky.
Tutto questo avviene in stretta prossimità dell’ultimatum lanciato dagli Stati Uniti alla Russia per terminare l’ostilità. Una linea rossa che potrebbe essere destinata a smussarsi o ad essere derubricata qualora le trattative riservate delle prossime ore producano risultati.
Nondimeno, la tensione continua, alimentata non solo dalla guerra in corso, ma anche dai segnali contraddittori e dalle mosse enigmatiche dei principali attori sulla scena. Un gioco diplomatico e militare dove le parole, finora, non sempre sono corrisposte ai fatti, creando un clima di profonda incertezza.
L’approccio di Donald Trump si è mantenuto finora su un doppio binario, volutamente destabilizzante.
Da un lato, il presidente americano ha imposto una scadenza perentoria per il cessate il fuoco minacciando drastiche conseguenze in ritorsione: nuove sanzioni economiche, potenzialmente fino al 100%, contro i Paesi che continuano a commerciare con la Russia. Ha inoltre alzato la posta militare, ordinando il dispiegamento di sottomarini nucleari vicino al territorio russo, una mossa che ha fatto rivivere i fantasmi della Guerra fredda.
Dall’altro lato, Trump ha inviato a Witkoff a Mosca, in un tentativo diplomatico definito “costruttivo” dai russi.
Questo doppio approccio – minaccia e dialogo, dove da ieri a prevalere è il secondo – crea alternativamente incertezza e ottimismo. Il rischio di Trump è quello di minare la credibilità della stessa deterrenza posta in essere dagli Stati Uniti.
Ma anche la Russia finora ha risposto con una strategia ambigua. Ufficialmente, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è mostrato aperto al dialogo, definendo i colloqui con Witkoff “importanti e significativi” e invitando alla “cautela” sul dispiego di armi nucleari, dopo le dichiarazioni di Dmitry Medvedev.
Questa moderazione apparente, tuttavia, si scontra con la brutale realtà sul campo di battaglia. L’esercito russo continua a intensificare l’offensiva, utilizzando missili ipersonici Kinzhal per colpire l’Ucraina occidentale e dimostrando un’evidente disattenzione per gli appelli alla pace. Il Cremlino sembra voler apparire dialogante a parole, mentre nella pratica prosegue la sua “operazione militare speciale” senza sosta. Questa voluta incoerenza è il fulcro di un gioco politico che mira a confondere gli avversari e guadagnare tempo.
Fino a ieri l’analisi degli esperti suggeriva che la calma ostentata di Putin e l’atteggiamento ambiguo di Trump rendessero un accordo di pace sempre più improbabile.
Solo le prossime ore ci diranno se l’incontro n. 5 tra Putin e Witkoff ha posto le premesse di un incontro con Trump, il solo evento che potrebbe in qualche misura apprezzabile dar luogo ad una svolta vera nel conflitto.
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