Il Consiglio UE ha dato il primo sì al regolamento anti-CSAM (Child Sexual Abuse Material) o Chat Control, un controllo preventivo di tutte le nostre chat
Il Consiglio dell’Unione Europea ha dato il primo sì al regolamento noto come Chat Control, un pacchetto presentato come tutela dei minori che introduce per la prima volta nella storia europea un principio inaudito: la sorveglianza preventiva delle comunicazioni private di massa. Non si parla di indagini mirate o intercettazioni autorizzate da un giudice, ma di scansione automatizzata dei messaggi di tutti i cittadini europei prima della cifratura, una scansione che verrebbe materialmente eseguita dalle grandi piattaforme extra-UE che controllano quasi tutta la messaggistica, da WhatsApp a iMessage. È il cuore del client-side scanning: leggere tutto, in anticipo, per “prevenire” o, più cinicamente, per conoscerci meglio nell’intimità.
Solo pochi mesi fa Ursula von der Leyen aveva annunciato che il progetto era “superato”. Oggi, con una naturalezza inquietante, lo ripresenta quasi identico, come se il crollo di fiducia che sta vivendo non la riguardasse, come se la crisi democratica che attraversa l’UE imponesse più controllo e non più trasparenza e rispetto dei diritti umani digitali. Non importa che sia contestata, che perda consenso, che il Parlamento europeo sia in subbuglio. La sua traiettoria politica resta la stessa, lineare e inflessibile verso una Europa più sorvegliata e più filtrata.
La retorica è sempre la stessa: “proteggere”. È in nome della protezione che si chiede ai cittadini europei di accettare che ogni parola passi al vaglio di un algoritmo. È in nome della protezione che si normalizza l’idea che la comunicazione privata possa essere letta e vagliata. È in nome della protezione che l’Europa si appresta a firmare la fine della presunzione di innocenza digitale: siamo tutti sospettati fino a prova contraria.
Il Chat Control è il tassello più brutale di questo nuovo ecosistema che non protegge i minori ma apre la porta a un’Europa che legge tutto prima di tutti, che non difende i cittadini ma li tratta come un rischio statistico da contenere, che non previene il crimine ma controlla la libertà.
I Paesi europei, oggi, appaiono incapaci di capire, o peggio, incapaci di opporsi e l’Italia si astiene. Von der Leyen continua a ripetere “meccanicamente” la stessa formula: sicurezza, stabilità e protezione, come se non si accorgesse che la protezione, qui, è diventata pretesto per un controllo di massa. E così la Commissione procede imperterrita come se fosse automatizzata, impermeabile al dissenso.
A fine settembre, nel podcast Il Codice Svelato condotto insieme ad Alberto Contri avevamo già messo in guardia da ciò che ora diventa evidente, una scansione automatizzata di tutte le nostre comunicazioni presentata come un’inevitabile sorveglianza preventiva.

Il nostro non è stato affatto un allarme astratto. Soltanto un mese dopo, il 30 ottobre 2025 Euractiv anticipava il documento “LIMITE” del Consiglio UE: una riformulazione strategica, frutto dell’opposizione tedesca e del rischio concreto che un obbligo di scansione universale venisse spazzato via sia dalla Corte di Giustizia che dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
Non si trattava di un ripensamento etico, era una manovra tattica per guadagnare tempo. L’obbligo generalizzato di sorveglianza sarebbe stato incostituzionale e così il testo è stato travestito da “volontario”, rendendo permanente la deroga del Regolamento 2021/1232 e lasciando aperta una review clause che permetterà alla Commissione di riproporre l’obbligo, magari con un nome diverso, quando il clima politico sarà più favorevole, ed il gioco è fatto.
E a questo punto è d’uopo una riflessione filosofica, perché il Chat Control non è soltanto un regolamento ma una dichiarazione sulla natura dell’essere umano nella società digitale. Una società in cui la comunicazione non nasce più libera, ma deve essere validata dal sistema. Una società che riflette l’inquietante intuizione di Philip K. Dick, che i futuri autoritari non si presentano mai come tirannie ma come sistemi di prevenzione del possibile. Oggi questa intuizione potrebbe diventare norma: non controllare più ciò che accade ma ciò che potrebbe accadere.
La sorveglianza preventiva non colpisce solo il messaggio ma colonizza l’intenzione e ridefinisce ciò che è considerato pericoloso, filtrando non soltanto il contenuto ma soprattutto la coscienza dei cittadini, abituandoci subdolamente a vivere in un mondo dove il controllo viene prima della libertà, dove la sicurezza vale più del dissenso e dove l’algoritmo precede il pensiero.
E una volta che un’intera generazione impara che la privacy è soltanto una concessione e non un diritto, il passo successivo non è una dittatura, ma una democrazia dove tutto è tracciato tranne il potere che prende le decisioni. Per questo la battaglia sul Chat Control non riguarda solo la tecnologia ma l’idea stessa di futuro europeo, perché se accettiamo che la protezione venga prima della libertà, allora abbiamo già accettato che la libertà sia un rischio da contenere e non un diritto da proteggere. Ed è questo, oggi, il vero cedimento storico.
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