Torna a esserci tensione tra gli agricoltori e la Commissione europea, nonostante le "promesse" di Bruxelles del recente passato
Nel settembre 2024, il gruppo di lavoro sul futuro dell’agricoltura dell’Ue (costituito dai principali portatori di interesse del settore agroalimentare) presentò una relazione alla Presidente von der Leyen dal titolo “Una prospettiva condivisa per l’agricoltura e l’alimentazione in Europa”. Un documento il cui obiettivo era quello di rispondere a delle criticità emerse nell’ultima PAC (Farm to Fork, Strategia Biodiversità) e palesatesi con la “rivolta dei trattori” nei mesi di gennaio e febbraio dello stesso anno.
Di fatto, negli ultimi anni, gli agricoltori sono stati chiamati a contribuire con oneri e sacrifici consistenti al processo di transizione ecologica, in un contesto di difficoltà non prevedibili: un mercato sempre più globalizzato e l’insorgere di nuove avversità di natura climatica e fitosanitaria. Con questo documento si era così cercato di aprire un dialogo col mondo agricolo, volendo rispondere ad alcune domande:
– Come è possibile offrire agli agricoltori europei e alle loro comunità rurali una prospettiva migliore, una giusta qualità di vita?
– Come è possibile sostenere l’agricoltura nel rispetto dei limiti del nostro pianeta e del suo ecosistema?
– Come è possibile sfruttare al meglio le immense opportunità offerte dalla conoscenza e dall’innovazione tecnologica?
Con l’inizio del 2025 diverse sono state le affermazioni di solidarietà con gli agricoltori da parte della Comunità europea: “Dobbiamo garantire la nostra sovranità alimentare, dati i rischi e le vulnerabilità in rapida evoluzione del mondo di oggi” (Christophe Hansen, commissario per l’Agricoltura e l’Alimentazione) – “È grazie al loro (degli agricoltori) duro lavoro quotidiano che tutti noi abbiamo cibo sicuro e di alta qualità“; “L’Europa deve puntare su una strategia globale che renda l’agricoltura più attraente, più resiliente e più sostenibile” (Ursula von der Leyen).
A queste affermazioni è poi seguito un pacchetto di semplificazione e revisione della PAC 2023-27, tra cui la sospensione della riduzione dei fitofarmaci del 50% entro il 2030, e, in prospettiva, interventi per il rafforzamento della posizione degli agricoltori all’interno della filiera agroalimentare.
Se l’inizio del nuovo anno era incominciato all’insegna delle “buone intenzioni”, attualmente, il tanto atteso rilancio del settore agricolo, auspicato nel documento del 2024, ha subito delle battute di arresto. Tre sono i punti che stanno provocando una reazione di sfiducia da parte degli agricoltori. Innanzitutto la proposta della Commissione europea che prevede un’unificazione dei principali fondi comunitari, agricoltura e coesione, con tagli alla PAC (Politica agricola comune) fino al 20% in meno delle risorse già stanziate: quindi un taglio di circa 80 miliardi di euro sugli attuali 400. Per l’Italia 8 miliardi in meno sui 38 già assegnati.
L’altro fronte che ha subito una brusca frenata è quello delle TEA (Tecniche di evoluzione assistita): tecniche genomiche efficaci per affrontare le sfide del cambiamento climatico, della sicurezza alimentare e della sostenibilità. Oggi le TEA, come la cisgenesi e il genome editing, consentono di modificare specificamente i geni di interesse senza introdurre geni estranei al DNA della specie, mantenendo inalterato il patrimonio genetico della varietà commerciale. Queste tecniche rappresentano un’evoluzione rispetto agli OGM, in quanto permettono di ottenere risultati in tempi rapidi e con un minor livello di approssimazione, in particolare per la resistenza a stress biotici e abiotici.
Per ultimo, a livello comunitario, si annunciano nuovi tagli per le molecole fitosanitarie (circa il 70% in meno in Italia rispetto al 2000): una corsa al ribasso che, continuando così, porterà alla scomparsa di quasi tutte le molecole disponibili, mettendo a rischio intere colture strategiche per il tessuto produttivo, come pere, nettarina e kiwi. L’eliminazione di principi attivi, spesso senza sostituti efficaci, sta aumentando gli scarti, riducendo le rese e indebolendo la competitività rispetto a Paesi extra-Ue, dove i vincoli normativi sono meno stringenti.
In questa situazione di oggettiva difficoltà occorre una nuova vision che consideri gli agricoltori non parte del problema ma parte della soluzione, dando valore all’agricoltore come custode dei territori, e non come mero fornitore di commodity indistinte. Non imponendo divieti drastici o obiettivi ideologicamente prefissati alle imprese agricole, ma cercando soluzioni consensuali che tutelino la produzione e la competitività dell’agricoltura europea.
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