“L’unica ipotesi negoziale tangibile e credibile su cui lavorare per interrompere le ostilità o ridurre la durata, le vittime e le devastazioni della guerra è rappresentata dall’evacuazione dalla Striscia di Gaza dei miliziani di Hamas, Jihad Islamica Palestinese e altri gruppi minori presenti in quel territorio, per trasferirli verso nazioni che sostengono tali movimenti e già ospitano formazioni e milizie ostili a Israele”. L’ipotesi avanzata da Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, è già stata adottata più di 40 anni or sono, per risolvere il problema della guerra in Libano. E funzionò. Permetterebbe a tutte le parti in causa di vantare una qualche vittoria senza dover ammettere una cocente sconfitta.
Hamas potrebbe evitare l’annientamento promesso da Israele e si consolerebbe con l’aver bloccato gli accordi per normalizzare i rapporti tra gli stessi israeliani e gli altri Paesi dell’area. I suoi avversari potrebbero dire, invece, di aver cacciato Hamas da Gaza. La palla, per gestire la Striscia, tornerebbe in mano allora all’Autorità nazionale palestinese, unico interlocutore rimasto che possa garantire la moderazione necessaria per pensare di immaginare un futuro di convivenza. Una soluzione che converrebbe anche all’Europa e all’Italia: nel Mediterraneo orientale sono stati trovati dei giacimenti di gas che in caso di guerra prolungata non potrebbero essere sfruttati a dovere.
Trasferire Hamas e gli altri gruppi armati che operano a Gaza fuori dalla Striscia è veramente una soluzione praticabile?
Israele continua a portare avanti l’idea di indebolire Hamas per poi distruggerla, quindi in questo momento magari non ci sono i margini per realizzarla. Ma se prosegue a colpire duramente l’organizzazione palestinese, i suoi comandanti e le sue milizie, questa potrebbe essere una soluzione ragionevole su cui imbastire un negoziato con gli sponsor di Hamas, che sono essenzialmente l’Iran e il Qatar. E anche la Siria. Una soluzione negoziata per impedire che, distruggendo Hamas, venga devastata anche tutta la Striscia di Gaza.
Non ci sono altre alternative alla guerra?
Mi sembra l’unica soluzione praticabile, perché non si possono portare fuori da quel territorio oltre due milioni di palestinesi. Mentre invece buttare fuori 30mila miliziani o quelli che sono, evitando loro l’annientamento e agli altri la distruzione totale e un sacco di nuove vittime, mi sembra una strada più percorribile. Per Israele sarebbe un successo aver tolto di mezzo Hamas dai suoi confini e la Striscia potrebbe essere consegnata all’Autorità nazionale palestinese (ANP) così come era successo quando Israele nel 2005 si ritirò da Gaza. Anche se nel 2007 Hamas fece piazza pulita di Fatah e degli altri partiti e assunse il controllo. Non vedo comunque altri margini su cui poter negoziare per evitare una guerra prolungata a oltranza nella Striscia.
Una soluzione che, tra l’altro, è già stata adottata in passato riuscendo a porre fine alla guerra in Libano: il modello è quella esperienza?
Successe nel 1982: i palestinesi di Arafat, dell’OLP, colpirono dal Libano e Israele entrò nel Paese con l’operazione “Pace in Galilea”, raggiungendo Beirut. Poi ci fu una mediazione americana: truppe Usa, italiane e francesi scortarono fuori dal Libano le forze palestinesi. Arafat andò a Tunisi e i miliziani si dispersero altrove.
Potrebbero essere impiegate anche in questo caso delle forze internazionali, ricorrendo all’Onu?
Una volta tolta di mezzo Hamas da Gaza e riconsegnata la Striscia all’ANP una forza internazionale ci vorrebbe, per garantire che l’Autorità palestinese riprenda il controllo e che da quel territorio non partano più attacchi verso Israele. Potrà fare riferimento alle Nazioni Unite oppure a un gruppo di Paesi come è stato nel Libano nell’82.
È possibile vincere le prevedibili resistenze di Hamas a lasciare Gaza?
Se l’alternativa è farsi sterminare, potrebbero prende in considerazione anche questa soluzione. Bisogna lavorare mediaticamente e diplomaticamente sugli sponsor di Hamas, che sono, appunto, l’Iran dal punto di vista militare e il Qatar da quello finanziario: solo con loro si può negoziare un’uscita di Hamas da Gaza nel momento in cui l’organizzazione palestinese si renderà conto che l’alternativa, restando a Gaza, è la sua distruzione. Tanto Hamas il suo successo lo ha già ottenuto: voleva creare una situazione in cui Israele rispondesse rabbiosamente a un attacco facendo saltare gli accordi con i Paesi arabi per la normalizzazione dei rapporti.
Ma lasciare la Striscia, che è il loro quartier generale, non sarebbe comunque una sconfitta?
Da questo punto di vista sì. Ma, ripeto, sarebbe l’unico modo per evitare l’annientamento militare. Israele sembra orientata ad andare fino in fondo, in forza anche di un ampio consenso popolare: i sondaggi dicono che la gente attribuisce a Netanyahu responsabilità gravi per i fatti del 7 ottobre, tuttavia più del 60% è a favore di un’operazione militare di terra che distrugga Hamas. Ma allora, visto che tutti chiedono che Israele smetta di attaccare e di provocare vittime civili, l’alternativa può essere che Hamas esca dalla Striscia a vada a casa dei suoi sponsor: non in Libano, ma in Siria o in Iran.
Hamas non potrebbe sfruttare l’occasione per prendere tempo, riorganizzarsi e vedere come continuare la sua azione?
Dopo l’uscita da Beirut nell’82 l’OLP non ha smesso di esistere, si è riorganizzata altrove, però ha smesso di bombardare Israele dal territorio libanese. Poi sono arrivati gli Hezbollah, d’accordo. Ma se c’è una soluzione che dà una vittoria e una via d’uscita a tutti perché non percorrere questa strada?
Al di là di questa ipotesi l’azione di terra degli israeliani resta un’opzione sul tavolo?
Se non ci saranno soluzioni diplomatiche per la riconsegna degli ostaggi e per la smilitarizzazione di Hamas, la dovranno fare. Una soluzione militare che non contempli la distruzione di Hamas sarebbe una sconfitta per Israele. Netanyahu non se la può permettere. Ecco perché la soluzione dello spostamento di Hamas in un altro Paese potrebbe accontentare tutti.
Ma l’ANP, alla quale dovrebbe essere riaffidata Gaza, in questo momento non è un interlocutore troppo debole?
Per questo ci vuole una forza internazionale che la sostenga, che le dia da un lato protezione e dall’altro le consenta di prendere il controllo della Striscia.
L’Autorità palestinese, però, ha perso credibilità negli ultimi anni: avrebbe bisogno anche di un ricambio interno?
Non farebbe male, ma sarebbe un passo successivo. È comunque l’unico attore moderato da parte palestinese: non ci sono altri interlocutori a cui rivolgersi. Rafforzare questo interlocutore è l’unica possibilità per evitare una guerra prolungata.
Quale potrà essere una soluzione vera per la questione palestinese? Cosa possiamo immaginare per il futuro?
Bisogna vedere quali saranno gli sviluppi della situazione. Per ora l’obiettivo per tutti dovrebbe essere interrompere il conflitto e le morti tra i civili, evitare il rischio che questa guerra si possa allargare. Anche perché ancora una volta mette in difficoltà l’Europa: noi contavamo per il futuro sugli immensi giacimenti di gas nel Mediterraneo orientale per rimpiazzare il gas russo. Sono i giacimenti che ha trovato l’Eni al largo dell’Egitto, nella zona di Libano, Israele, Cipro. Se quella diventa una zona di guerra, dovremmo dare addio a questa possibilità.
(Paolo Rossetti)
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