Danni cardiaci raddoppiati in chi fa uso di cannabis, a prescindere dalle modalità. Questo è il risultato di uno studio condotto da alcuni ricercatori della Copenhagen University Hospital.

La natura multiforme dei principali componenti attivi della cannabis, le prove contrastanti provenienti da studi osservazionali che riportano effetti dannosi della cannabis e i risultati terapeutici dei medicinali a base di questa pianta provenienti da studi interventistici, si riflettono in diversi approcci legislativi. Pertanto, nella maggior parte dei paesi il consumo di cannabis è illegale, ma in un numero limitato e crescente di paesi e stati viene venduta legalmente senza la necessità di una prescrizione medica. Come riporta il Messaggero una recente ricerca propende per gli effetti collaterali sulla salute a seguito di consumo di cannabis. In particolare sarebbero stati ravvisati maggiori rischi di danni cardiaci su chi fa uso di questa pianta.



Lo studio è stato condotto da Anders Holt e dai colleghi del Dipartimento di Cardiologia del Copenhagen University Hospital, e i risultati sono stati esposti in un articolo pubblicato dall’European Heart Journal. Infarto e aritmie sarebbero tra le principali conseguenze emerse.

CANNABIS E I RISCHI CARDIACI: I RISULTATI DEL RECENTE STUDIO

In tutto sono stati sottoposti al citato studio 5.500 pazienti che assumevano la cannabis e circa 27.000 che non ne facevano uso. Le aritmie prese in considerazione sono state la fibrillazione o flutter atriale, i disturbi della conduzione, le tachicardie parossistiche e le aritmie ventricolari nei successivi sei mesi. Quanto alle sindromi coronariche, si è valutato il rischio d’infarto del miocardio o di ischemie cardiache di varia gravità nello stesso periodo di tempo. Il rischio di coronaropatie risulta maggiore in chi assume la pianta, a prescindere dalle modalità, nei primi novanta giorni, mentre si rivela non significativamente differente tra i due gruppi dopo 6 mesi.



Se si considerano i dati dell’American Behavioral Risk Factor Surveillance System questi dimostrano che un uso cronico di cannabis è associato a un rischio d’infarto più che doppio rispetto a chi non ne fa uso. La posizione scientifica dell’American Heart Association pubblicata sulla rivista Circulation nel 2020 è quindi in linea con questi risultati. La spiegazione va rintracciata nella capacità della cannabis di provocare l’attivazione del sistema nervoso simpatico inibendo quello parasimpatico: l’azione conduce a un incremento della frequenza cardiaca, all’aumento dell’aggregazione piastrinica, alla disfunzione endoteliale e alla crescita di stress ossidativo, con conseguenti danni cardiovascolari.