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Home » Sanità, salute e benessere » VACCINO ITALIANO REITHERA FUNZIONA?/ “Ancora non si sa l’efficacia, ecco cosa manca”

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VACCINO ITALIANO REITHERA FUNZIONA?/ “Ancora non si sa l’efficacia, ecco cosa manca”

Int. Antonio Cassone
Pubblicato 6 Gennaio 2021 - Aggiornato alle ore 07:06
enrico bucci

(LaPresse)

Un’azienda italiana, ReiThera, annuncia i risultati positivi della prima fase di sperimentazione del suo vaccino. Ora ci vorranno almeno sei mesi per completare le Fasi 2 e 3

Grande risalto ha destato la notizia di un vaccino tutto italiano, prodotto da ReiThera, che ha presentato i dati relativi alla Fase 1 di sperimentazione. Sui cento volontari testati lo scorso 24 agosto non si sono verificate reazioni avverse, mentre il sistema immunitario sugli anticorpi e sulle cellule T (responsabili della distruzione delle cellule infettate) risulta avviato. Adesso saranno necessari almeno sei mesi per le due fasi successive. “Il vaccino è sicuro, non ci sono stati eventi avversi gravi. C’è stata un po’ di infiammazione sul sito di iniezione. Le reazioni sono state comunque inferiori a quelle di Moderna e Pfizer” ha spiegato Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani. Frena un po’ l’entusiasmo il professor Antonio Cassone, ordinario di Microbiologia medica all’Università La Sapienza di Roma, da noi intervistato: “Il fatto che si stia sviluppando un vaccino tutto italiano è certo una gran cosa, anche se abbiamo già firmato accordi di forniture con altre aziende produttrici di vaccini, ma è bene essere anche autosufficienti, perché potrebbe verificarsi qualunque genere di intoppo. Ma siamo ancora in fase molto avanzata per dire se questo vaccino ha tutte le carte in regola per produrre anticorpi sufficienti e fermare la malattia nei soggetti già colpiti dal virus”.


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A proposito de vaccino ReiThera sappiamo che si è usato l’adenovirus dello scimpanzé a differenza, ad esempio, del vaccino di Oxford che ha usato quello umano. Questo cosa comporta?

Ma anche altri vaccini hanno usato adenovirus diversi da quelli umani. E’ una pratica già conosciuta.

Qual è la differenza?

La differenza è semplice. Se si usa quello umano, ci si può trovare in situazioni in cui sono già presenti degli anticorpi. Questo perché gli adenovirus sono molto frequenti nell’uomo. E’ vero che si usano delle varianti da virus meno frequenti che non sono patogene, però si possono trovare una certa quantità di anticorpi e soprattutto se ne possono trovare parecchi quando fai la seconda iniezione, questo perché tutti questi vaccini in genere hanno bisogno di due dosi. Se si dà la seconda dose e si trovano già degli anticorpi, questi anticorpi possono bloccare il vettore e quindi la produzione della proteina spike, l’antigene immunizzante.


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Questo nuovo vaccino ha la caratteristica di essere monodose e non dovrebbe esserci bisogno di ulteriori richiami. Cosa significa esattamente?

Dipende da quando il vaccino sarà immunizzante. Il fatto della dose unica vale in parte anche per il vaccino AstraZeneca. I vaccini vettoriali pare che possano essere già utili con una sola iniezione, perché dopo una sola iniezione c’è già una buona risposta di anticorpi neutralizzanti. Questo però al momento non lo sappiamo ancora, abbiamo dei dati solo della Fase 1 ed  è molto presto per tirare conclusioni adesso.

In cosa consistono esattamente i dati della Fase 1?


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I dati della Fase 1 servono solo a stabilire la quantità di vettore e di antigene necessari e i primi dati di sicurezza. Non sono dati sufficienti per stabilire la quantità e la rilevanza della risposta anticorpale.

Per le successive due fasi ci vogliono almeno sei mesi, è così?

Anche di più. Devono fare una Fase 2 che è una fase di allargamento in cui si cominciano a vedere bene gli anticorpi e ovviamente gli effetti collaterali. Per questa fase occorre testare qualche migliaia di soggetti.

E poi?

Poi se va bene si prosegue con la Fase 3, quella decisiva. In questa fase c’è bisogno di almeno 15mila soggetti da testare.


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Addirittura?

Certo, per gli altri vaccini ne sono stati usati anche 30mila. Non si può decidere nulla con qualche centinaio di casi. Come prima fase è giusto farne cento, perché lo scopo della prima fase non è vedere se il vaccino è efficace. Poi per valutare la protezione bisogna verificare se i soggetti esposti al virus, nel caso siano vaccinati, non prendano la malattia. In questo modo si capisce se c’è un profilo di protezione e di sicurezza adeguato.

In questo momento drammatico più vaccini ci sono meglio è?

Certo, però devono essere testati correttamente, altrimenti, se emerge un evento avverso grave, quel vaccino è morto. In questo momento storico è stato fatto un grande sforzo di emergenza, nel senso che  tutte le autorizzazioni sono emergenziali e sui vaccini approvati ancora la sperimentazione continua.


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Il progetto ReiThera è tutto italiano. Quanto è importante essere indipendenti nella produzione del vaccino?

L’approvvigionamento del vaccino è importante, abbiamo da vaccinare  almeno 50 milioni di soggetti per avere l’immunità di gregge. Teoricamente le dosi sono disponibili, sono stati fatti appositi accordi con le aziende produttrici, ma non possiamo sapere se ci saranno problemi. Se c’è un altro produttore e se è italiano è una gran cosa, basta che superi tutte le fasi per bene, dimostrando i dati di protezione e sicurezza come gli altri vaccini che stiamo già usando. Non è che bisogna accorciare i tempi per poter dire “abbiamo un vaccino italiano”. Faccio il tifo, ma visti i tempi richiesti mi auguro che quando il vaccino italiano sarà pronto almeno una buona parte della popolazione italiana sia stata già vaccinata.


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(Paolo Vites)

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