Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale “Sacco” di Milano, ha rivelato ai microfoni dell’agenzia di stampa nazionale Adnkronos Salute che l’isolamento del virus del vaiolo delle scimmie “è un punto di partenza. Con quello che avevamo finora potevamo fare una diagnostica certa e anche rapida. Avendo isolato il virus, adesso possiamo cominciare – nel nostro laboratorio e in collaborazione con chi volesse condurre ricerche sul virus – a testare farmaci antivirali mirati proprio per questa patologia, che non sono ancora esistenti. Dunque, possiamo fare progressi nella terapia. Aver isolato il virus può servire a capire se la vecchia vaccinazione antivaiolosa copra ancora coloro che si sono vaccinati tanti anni fa. E potremo anche valutare la copertura naturale che acquisiscono i nuovi malati”.
Il genoma di questo virus, ha chiarito la dottoressa Gismondo, “è molto ampio, è un Dna molto, molto lungo. Quando parliamo di genotipizzazione, non è che lo analizziamo tutto: analizziamo dei pezzetti che sappiamo essere caratteristici del virus. Ovviamente una cosa è, per usare una metafora, avere i capelli di una persona, una cosa è avere la persona intera se vogliamo studiarla”.
GISMONDO: “LE MALATTIE NON HANNO PIÙ UNA LORO NAZIONE”
Sempre sulle colonne di Adnkronos Salute, la professoressa Gismondo ha asserito che le persone stanno apprendendo questa notizia dei casi di vaiolo delle scimmie “con molto scetticismo, perché sono molto stanchi e provati dall’emergenza Covid che abbiamo affrontato. Quindi dobbiamo dire subito che non si tratta di un’emergenza sanitaria, che si tratta di un focolaio che anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha detto che si autolimiterà, se si rispettano le indicazioni di non avere contatti stretti con le persone a rischio”.
D’altra parte “ci sono stati focolai di infezione da questo virus e si sono autolimitati. Con la globalizzazione, i viaggi e gli spostamenti, le malattie non hanno più una loro nazione. I virus non riconoscono i confini, non li hanno mai riconosciuti, solo che adesso li trasportiamo noi con il movimento della gente e delle merci”.