Renato Vallanzasca, secondo il tribunale di sorveglianza di Milano che si è espresso pochi giorni fa su una richiesta dei suoi legali, non potrà accedere alle misure carcerarie alternative, nella fattispecie i domiciliari all’interno di una struttura di cura. L’uomo, bandito “simbolo” della malavita milanese dei complicati anni ’70, si trova in carcere da 50 anni dove sta scontando 4 ergastoli e 295 anni di pena per i suoi numerosi omicidi e le rapine.
Secondo la ex moglie di Vallanzasca, Antonella D’Agostino, tuttavia, non concedere al criminale i domiciliari è un accanimento inutile. Lo dice chiaramente all’interno di una lettera che ha inviato alla redazione dell’agenzia stampa Ansa, sottolineando che “ha vissuto otto anni in semilibertà e poi ai domiciliari senza fare niente di male”. Infatti, nel 2014 ‘Bel René’, durante la semilibertà, rubò un paio di slip in un supermercato, facendo immediatamente scattare il suo arresto, senza possibilità d’appello. La ex moglie di Vallanzasca, però, sostiene che “quando portò via quelle mutande capii che nel suo cervello qualcosa aveva cominciato a non funzionare“, circostanza confermata anche il mese scorso da una perizia medica dei suoi legali che ne attestò il “decadimento cognitivo”.
La lettera dell’ex moglie di Vallanzasca: “Ormai è una larva umana”
La ex moglie di Renato Vallanzasca ha una domanda precisa da porre ai magistrati: “Quanto deve pagare ancora? Dopo 50 anni di carcere e una condizione di salute precaria, anzi peggio”. Sostiene, infatti, che “rifiutare le misure alternative a Renato significa non solo condannarlo al carcere a vita, cosa che è già avvenuta, e all’impossibilità di vivere uno stralcio di normalità, ma anche umiliare un uomo ormai ridotto all’ombra non di quello che era, ma di quello che tutti hanno pensato che fosse”.
“Quanto deve pagare ancora perché possa morire in pace?”, si chiede ancora la ex moglie di Vallanzasca, “e sia chiaro, non da uomo libero, ma affidato a una struttura. Ormai lo avete piegato per sempre. Dimentichiamo gli occhi azzurri e il suo fascino. È l’ombra di sé stesso. Una larva umana. Che forse merita un po’ di pietà. A meno che 50 anni di carcere vi sembrino pochi”. Ci tiene anche a fare una precisazione, però, sottolineando che non ha mai definito, e mai lo farebbe, Vallanzasca un uomo “bravo. Non voglio santificare chi ha vissuto da criminale”, ma solo esporre la condizione di un uomo che “marcisce in galera, senza avere i soldi per le sigarette, senza capire più dov’è“.