VALLE D’AOSTA, CROLLO GHIACCIAIO MONTE BIANCO: RENATO COLUCCI DEL CNR FA IL PUNTO SULLA SITUAZIONE
Uno studio pubblicato lo scorso giugno sul sito del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) a cura degli Istituti di scienze marine e di scienze dell’atmosfera e del clima dice che si stima “una forte riduzione di lunghezza, entro il 2100, dei ghiacciai del settore più settentrionale delle Alpi italiane. In quest’area, daI 1982 ad oggi, registrano una diminuzione complessiva di superficie del 40% ed entro il 2100 le proiezioni del modello indicano una riduzione di lunghezza dei ghiacciai montani superiore al 35% con una riduzione della superficie maggiore del 60%”. In questo contesto giunge in questi giorni la notizia del possibile crollo di una parte del ghiacciaio Planpincieux, sulle Grandes Jorasses, lungo il versante italiano del massiccio del Monte Bianco (Val d’Aosta). La massa a rischio collasso è di circa 250 mila metri cubi. Si tratta di un movimento che ha raggiunto la velocità di 50-60 centimetri al giorno.
A Courmayeur (Val d’Aosta) si corre ai ripari: chiusa la strada comunale della Val Ferret e stilata una ordinanza di evacuazione di alcuni immobili al momento disabitati. Ne abbiamo parlato con il professore Renato Colucci del Cnr.
Questa notizia del possibile crollo del ghiacciaio del Monte Bianco è correlata con il vostro recente studio che dice di una forte riduzione dei ghiacciai delle Alpi?
Sì, ma soprattutto dei ghiacciai con le caratteristiche della Val d’Aosta dove ci sono determinate montagne con determinate pendenze, che poggiano su una roccia tipica vulcanica e metamorfica. Sono ghiacciai come in questo caso molto ripidi.
Questa rapidità aumenta il rischio di crolli a valle, è così?
Se un ghiacciaio che collassa non è particolarmente ripido risponde in modo più tranquillo, se collassa invece un ghiacciaio come questo come questo che si trova in fase parossistica perché il ghiaccio è caldo, cioè vicino ai zero gradi, il ghiacciaio stesso diventa più elastico e perde di coesione.
Cosa intende con ghiaccio caldo?
Se il ghiacciaio fosse freddo non ci sarebbero questi crolli. Per ghiaccio caldo intendiamo una temperatura vicina a zero perché se la temperatura fosse sopra lo zero sarebbe acqua, mentre per ghiaccio freddo intendiamo sotto lo zero.
Quali sono le caratteristiche di questo ghiacciaio, il suo crollo cosa potrebbe provare?
Ghiacciai come questo si staccano in modo integrale. Normalmente i ghiacciai fondono tutti durante l’estate perché fa caldo. Però una volta accadeva per un periodo più breve e con temperature meno calde di quanto ci siano adesso. Questi due fattori, la maggior lunghezza della fase calda e le temperature più alte, portano a variazioni meccaniche del ghiacciaio che reagisce in maniera diversa, cioè quello che stiamo vedendo in questi giorni a Courmayeur (Val d’Aosta) .
Cosa succede quando si muove un ghiacciaio di questo tipo?
Il ghiacciaio quando si muove essendo viscido si spacca, e tutte le spaccature che vediamo sono quelli che chiamiamo crepacci dove la gente se non li vede ci casca dentro come purtroppo accade spesso. I crepacci sono l’evidenza che il ghiacciaio si sta muovendo, un processo naturale che per attrazione gravitazionale si muove verso valle. I crepacci possono aprirsi più rapidamente se le caratteristiche meccaniche cambiano, cioè il riscaldamento globale aumenta.
Cosa che sta influendo su quanto accade, no? Che innalzamento della temperatura abbiamo oggi sulle Alpi?
La cosa importante non è quanti gradi ci siano adesso ma è il trend di lungo periodo. In quello che sta accadendo conta la temperatura degli ultimi vent’anni.
Cioè? C’è una temperatura limite?
Non c’è una temperatura limite, è il trend di lungo periodo che conta. Sono tre decenni che la temperatura del pianeta e delle Alpi si riscalda a una velocità maggiore di quanto avviene a livello globale. Le Alpi come l’Artico sono hot spot dove il riscaldamento è più forte. La media oggi è un aumento di un grado negli ultimi cento anni a livello globale, mentre sulle Alpi siamo a due gradi di aumento. Sono temperature critiche che portano a questi disastri.
(Paolo Vites)