Tracciare le varianti Covid con le acque di scarico: potrebbe essere un altro modo per dare la caccia alle mutazioni di Sars-CoV-2. Da uno studio dell’Istituto superiore di sanità (Iss) è emerso che le varianti del coronavirus si trovano anche nelle acque reflue. È il primo lavoro condotto in Italia sulle varianti in reflui urbani, ma non il primo al mondo, anche perché all’estero è una strada che si sta già percorrendo. In Olanda, ad esempio, l’istituto di ricerca Kwr dal marzo scorso, quindi quasi un anno, monitora le acque reflue di Amsterdam e Rotterdam per scovare la presenza del coronavirus nella comunità. In questo modo viene potenziata l’attività di tracciamento e screening della popolazione. Così l’Olanda, ha ricostruito Report in un servizio nel dicembre scorso, ha avviato un monitoraggio a tappeto dei suoi 300 impianti di depurazione. Un sistema già rodato che, quindi, può tornare utile ora anche per rintracciare le varianti Covid.
Ora anche questo studio, condotto dal Dipartimento di Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica Veterinaria dell’Iss in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico della Puglia e della Basilicata, dimostra che le acque di scarico possono essere utili per valutare la circolazione delle varianti Covid nei centri urbani.
VARIANTI INGLESE E BRASILIANA IN UMBRIA E ABRUZZO
Lo stesso metodo usato per testare i campioni clinici (tamponi naso-faringei) è stato applicato all’analisi delle acque di scarico raccolte in fognatura prima dei trattamenti di depurazione. Così è stata scoperta la presenza di mutazioni caratteristiche delle variante inglese e brasiliana in alcune aree dell’Italia dove la circolazione di queste varianti era stata accertata in campioni clinici di pazienti Covid. Nello specifico, sono state individuate sequenze di variante inglese e brasiliana in reflui di Perugia dal 5 all’8 febbraio e variante spagnola a Guardiagrele, in Abruzzo, dal 21 al 26 gennaio 2021. «Le prospettive sono promettenti, in particolare se pensiamo che la sorveglianza sui reflui è applicata in diversi paesi europei, anche se non ancora per la ricerca delle varianti», spiega Lucia Bonadonna, direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto superiore di sanità (Iss). La sorveglianza ambientale, dunque, si conferma importante, infatti è riconosciuta nel Piano europeo contro le varianti del Covid (Hera incubator) che, aggiunge Bonadonna, «mira a rafforzare le difese dell’Unione davanti al crescente numero di mutazioni del virus».