IL VATICANO AVREBBE ACQUISTATO RUBLI DALLA BANCA DELLA RUSSIA
Il Vaticano potrebbe essere stato il primo Paese al mondo a pagare le forniture di gas dalla Russia in rubli: da fonti internazionali emerge la notizia che potrebbe scatenare, a catena, una vera e propria “rivoluzione” economica e geopolitica nel pieno dello scontro a distanza tra Mosca e l’Occidente proprio sulla guerra del gas, inquietante conseguenza dell’immane tragedia in corso in Ucraina.
La notizia circola ormai da ore sul web e su diverse agenzie internazionali: «La Banca del Vaticano (segnatamente lo Ior, ndr) ha trasferito 10 milioni di Euro per acquistare rubli dalla Banca Centrale di Russia per pagare il Gas». Serve ovviamente attendere dalle rispettive parti se vi sia la piena conferma di tale “scoop” ma qualora fosse vero qualcosa davvero potrebbe cambiare nello scenario internazionale: dopo la minaccia-ultimatum di Putin ai rivali occidentali degli scorsi giorni – «o avverrà il pagamento del gas in rubli o verranno chiusi i rubinetti» – il Vaticano sarebbe stato il primo Stato al mondo ad acconsentire a tale richiesta della Russia, morsa dalle sanzioni internazionali e “costretta” a giocare il braccio di ferro sul fronte energetico. Per ora abbiamo solo conferma che la Santa Sede sia sia mossa per acquistare 10 milioni di euro in rubli (circa 935 milioni di rubli, al cambio attuale): che questo possa voler dire che sia pronta a pagare il gas, altre materie prime o scambi commerciali sulla rotta Vaticano-Russia, resta un dato comunque importante.
CAOS PAGAMENTO GAS IN RUBLI? PARLA IL CREMLINO
Il Cremlino fa sapere intanto nella mattina di mercoledì che per il pagamento del gas in rubli servirà tempo, quasi a voler consentire un periodo di “proroga” agli Stati occidentali nel modificare il sistema di pagamento. Sempre il Palazzo di Putin ha sottolineato come si potrebbe prendere in considerazione l’idea lanciata dal presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, di ampliare la lista dei beni esportati dalla Russia da pagare in rubli: non solo gas ma anche fertilizzanti, grano, carbone, metalli e legname.
Nato, G7 e ora pure l’Europa sono tutt’altro che inclini invece ad accettare la “richiesta”-ultimatum della Russia: «La Commissione partecipa al G7 e le dichiarazioni che sono emesse dal G7 coprono anche l’Ue», ha spiegato ieri il portavoce della Commissione Eric Mamer nel briefing quotidiano con la stampa. Dopo la riunione dei Ministri dell’Energia del G7, presente il commissario Ue Kadri Simson, la nota è netta: «i partecipanti hanno respinto la richiesta di Putin sul fatto che le forniture debbano essere pagate in rubli. Hanno ribadito che sono stati stretti dei contratti espressamente stipulati con dei pagamenti in euro o dollari e quindi i partner del G7 hanno concordato di chiedere alle società basate nei propri Stati di non cedere a tale richiesta. Questa è la posizione che il nostro commissario all’energia ha sottoscritto». Il braccio di ferro insomma continua e saranno forse i prossimi colloqui dei leader Ue con il Cremlino – previsto per il pomeriggio la telefonata Draghi-Putin, ieri c’è stata invece quella con Macron – a farci capire se la minaccia della Russia sul blocco dei rubinetti sia effettiva o se vi sia margine per trattare.