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Home » Cronaca » Venezia, squillo lusso in ‘case chiuse’/ “Ragazze sempre pronte”: tremano 200 clienti

  • Cronaca

Venezia, squillo lusso in ‘case chiuse’/ “Ragazze sempre pronte”: tremano 200 clienti

Venezia, maxi giro di squillo di lusso in locali-case chiuse: 5 arresti, 50 ragazze "sempre pronte" e ora a rischio 200 clienti

Niccolò Magnani
Pubblicato 19 Gennaio 2020
Polizia di Stato Coronavirus festa

Volante della Polizia di Stato (LaPresse)

Scoperto un maxi giro di squillo di lusso in una vera e propria (e illegale) azienda del sesso nella provincia di Venezia: tra San Donà e Quarto d’Altino, i due noti locali della zona “Arabesque” e “Game Over” di fatto offrivano dei surplus ai clienti molto “affezionati” con almeno 50 ragazze sempre pronte a soddisfare tutte le loro voglie e impulsi. Il maxi giro è stato scoperto dalla Squadra Mobile di Venezia, con 5 arresti firmati sabato scorso dal gip David Calabria su richiesta della pm Federica Baccaglini: i reati contestati sono favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione nei confronti degli organizzatori e gestori delle due, sostanzialmente, “case a luci rosse”. Proprio come le vecchie “case chiuse” – oggi illegali per effetto della Legge Merlin – i due locali mettevano a disposizione di più di 200 clienti le squillo e il traffico illecito all’interno dei due locali molto frequentati. Dopo una denuncia anonima negli scorsi mesi, la polizia ha cominciato ad indagare fino a far scattare la perquisizione che ha confermato come il sesso e lo sfruttamento della prostituzione fosse l’impiego “principale” in quelle due attività.


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SQUILLO DI LUSSO IN AZIENDA A VENEZIA

Come riportano i dati e le testimonianze raccolte dalla Mobile di Venezia sul Gazzettino, il “giro” dietro ai due locali ora sequestrati prevedeva in quest’ordine: «il cliente contattava il titolare, o all’ingresso o, se era uno della schiera dei fedelissimi con una telefonata. A quel punto, prenotava ragazza e prestazione, che principalmente era legata al tempo. Mezz’ora, 150 euro, e a salire fino a due ore». Erano poi tre le modalità di prostituzione “proposta” dalle novelle case chiuse: all’interno dei locali, in albergo oppure a domicilio del cliente. I “ricavi” del traffico illecito venivano poi spartito tra la squillo e il gestore: come spiega il capo della Mobile veneziana, Giorgio Di Munno, «Proprio per questo motivo tra i reati contestati non c’è solo il favoreggiamento ma anche lo sfruttamento della prostituzione un’indagine sviluppata sia con i metodi tradizionali, osservazione e appostamento, e un’attività tecnica di intercettazioni che ha permesso di blindare le accuse che hanno portato alle ordinanze di custodia cautelare. Le ragazze? Erano tutte d’accordo, l’obiettivo comune era il profitto. E i guadagni, considerando il volume d’affari, erano decisamente elevati». Ora tremano i quasi 200 clienti coinvolti nel maxi giro di squillo di lusso: non vogliono che i nomi escano nell’eventuale processo e che loro vite vengano così “sconvolte” avendo quasi tutti famiglia e lavori anche di alto rango. Tra le particolarità riscontrate dalla Polizia, i pagamenti che avvenivano all’interno del locale addirittura con il Pos bancario: un pagamento “alla luce del sole” per la prostituzione. Come riporta la Procura di Venezia, arrestati i due fratelli gestori dei locali – Matteo e Federico Vendramello -, Michaela Hobila, romena di 35 anni, addetta alla “logistica” per le giovani prostitute, Lorenzo Borga, 70 anni di San Donà e Ugo Bozza, 66 anni di Portogruaro (questi ultimi tre ai domiciliari).


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