VERSO IL CONSIGLIO EUROPEO/ “Dopo la stretta della Bce serve un fondo per non fermare l’economia”
Per l’Europa sarebbe bene riuscire ad avere un contributo della politica fiscale per bilanciare gli effetti della stretta operata dalla Bce

Sul tavolo del Consiglio europeo al via domani ci sarà anche il Piano industriale green dell’Ue per rispondere all’Inflation reduction act degli Stati Uniti.
Un piano che, come emerge dalle parole di Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, assume ulteriore importanza dal momento che la Bce ha deciso non solo di aumentare i tassi di interesse a febbraio, ma di alzarli ulteriormente a marzo, con una stretta che potrebbe essere di un punto percentuale nell’arco di due mesi.
Professore, quello della scorsa settimana era un appuntamento molto atteso. Cosa pensa delle decisioni prese dalla Bce?
Credo che nel comunicato della Bce ci sia un passaggio chiave, che spiega bene le sue decisioni: “Mantenere i tassi di interesse su livelli restrittivi farà diminuire nel corso del tempo l’inflazione frenando la domanda e metterà inoltre al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative di inflazione”. Come si vede, c’è un esplicito riferimento al rischio che aumentino le aspettative inflazionistiche. E in effetti se andassero fuori controllo sarebbe davvero un problema.
Quanto sono importanti le aspettative di inflazione?
La dinamica inflattiva va tenuta sotto controllo e la Bce, come si legge ancora nel comunicato, intende farla scendere in tempi rapidi e un elemento chiave sui cui intervenire per raggiungere questo obiettivo è quello delle aspettative, perché c’è sì chi aumenta i prezzi in maniera giustificata, ma anche chi cerca di avvantaggiarsene. La Bce cerca, quindi, di evitare che le aspettative di un aumento dei prezzi diventino generalizzate, cosa che inciderebbe negativamente sul potere d’acquisto dei consumatori peggiorando il quadro economico.
Per certi versi, quindi, l’atteggiamento hawkish della Bce è necessario.
Purtroppo è così. Se una restrizione monetaria accentuata nell’arco di due mesi può aiutare a bloccare le aspettative penso che sia un prezzo necessario da pagare per consentire di chiudere l’anno comunque in positivo. Se, infatti, aumentassero le aspettative inflazionistiche, sarebbe impossibile immaginare una crescita dello 0,6% come quella prevista dal Fmi per il nostro Paese. Anzi, si creerebbero rischi recessivi.
Dunque quella della Bce appare una mossa obbligata, ma non aiuta un’economia che non si prevede vada molto forte quest’anno.
È vero che ci sono segnali di un rallentamento, ma credo che se negli Stati Uniti si riuscirà a fermare la corsa dell’inflazione, come pare si stia riuscendo a fare, ne beneficerà anche l’Europa e si potrà allentare la stretta della Bce. In questo senso va anche ricordata una differenza importante tra Usa e Ue.
Di che cosa si tratta?
Negli Stati Uniti la politica fiscale ha tenuto a galla l’economia, bilanciando la restrizione della politica monetaria. Se in Europa potessimo fare qualcosa di analogo sicuramente aiuterebbe.
In questo senso sul tavolo del Consiglio europeo ci sarà anche il Piano industriale green. Si tratterà di capire se ci si limiterà ad allentare la normativa sugli aiuti di Stato o se, invece, si darà vita a un fondo sovrano europeo.
La soluzione ottimale sarebbe quella di un fondo. Già che se ne parli è un passo in avanti, c’è da sperare che poi la politica sappia prendere le decisioni migliori. Immagino che eventualmente ci sarà anche da contrattare sulle dimensione di questo fondo, ma in questo senso non va dimenticato che nel recente passato le istituzioni europee sono riuscite a sorprendere in positivo.
Se non sarà così, l’Italia sarà svantaggiata rispetto ad altri Paesi europei.
Sì, non sembrano esserci spazi di politica fiscale nel nostro Paese, a meno di non passare da un’operazione di riqualificazione della spesa o di recupero di risorse dall’evasione fiscale. È anche vero che c’è una massa critica di capitale privato che se potesse essere diretta verso tecnologie innovative potrebbe avere ricadute positive sul piano anche occupazionale. Del resto, perché ci sia buon lavoro qualificato ci devono essere anche buoni prodotti qualificati, di alta tecnologia: le due cose vanno insieme.
(Lorenzo Torrisi)
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