Vincenzo Iaquinta denuncia la situazione delle carceri durante l’epidemia di Coronavirus. Il padre del campione del Mondo 2006 infatti è detenuto a Voghera e Iaquinta scrivendo sui social ha voluto evidenziare che nel penitenziario lombardo è impossibile rispettare le distanze di sicurezza previste dalla legge per contenere la diffusione del Coronavirus. Iaquinta dunque ha scritto su Instagram: “Partendo dal presupposto che mio padre è innocente, questo è un disegno di una cella del carcere di Voghera – ha scritto Vincenzo Iaquinta pubblicando una planimetria realizzata a mano – Come si fa a mantenere la distanza di sicurezza?”.
L’appello di Iaquinta è rivolto direttamente alle istituzioni, con tanto di tag sia al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Nel disegno sono evidenziate le distanze tra i letti e tra i posti a tavola, tutte inferiori al metro indicato dalle autorità per limitare la diffusione del Coronavirus.
VINCENZO IAQUINTA PREOCCUPATO PER IL PADRE IN CARCERE
Il padre di Iaquinta, Giuseppe, si trova in carcere dopo una condanna in primo grado a 19 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito del processo “Aemilia”, che indagava gli affari della ‘Ndrangheta in Emila Romagna. Questa inchiesta in un primo momento aveva coinvolto anche l’ex attaccante, poi risultato estraneo ai fatti. Vincenzo Iaquinta ha comunque sempre sostenuto la totale innocenza di suo padre e già qualche giorno fa aveva mostrato preoccupazione per le sue condizioni, evidenziando come mentre in molti si lamentavano per essere obbligati a rimanere a casa con tutte le comodità, mentre lui era costretto in una cella di pochi metri.
Lo aveva fatto postando una foto del padre con in mano la Coppa del Mondo alzata dall’ex Udinese e Juve a Berlino nel 2006. Se quella però può essere una differenza “normale” fra una casa e il carcere, è invece naturalmente doveroso che anche in carcere vengano rispettate le norme di distanziamento sociale contro la diffusione del contagio, che in un ambiente come una prigione potrebbe avere effetti devastanti.