Sono stati confermati nelle scorse ore in Ghana i primi due morti per il virus Marburg. Si tratta, come riferito dall’edizione online del Corriere della Sera, di una febbre emorragica molto infettiva, spesso mortale, definita molto simile all’Ebola in quanto entrambi i virus appartengono alla famiglia Filoviridae. I primi due decessi sono un giovane di 26 anni e un uomo di 51 che non avevano avuto alcun contatto fra di loro e che sono morti circa 24 ore dopo l’arrivo in ospedale presso la regione degli Ashanti. Erano entrambi risultati positivi all’inizio del mese, e la loro positività è stata confermata dall’Institut Pasteur di Dakar, quindi dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
«Senza un’azione immediata e decisiva Marburg può facilmente sfuggire di mano» sono le parole di Matshidiso Moeti, direttore dell’Oms Africa, che ha già spedito una squadra investigativa in zona, mentre in Ghana è stata rafforzata la sorveglianza, mettendo in quarantena le 98 persone che erano entrate in contatto con le due vittime. Il virus di Marburg si conferma una malattia molto grave che a volte può essere fatale. Compare all’improvviso, sottolinea ancora il Corriere della Sera, con febbre molto alta, cefalea, malessere e dolori muscolari, poi, a distanza di tre giorni, possono comparire anche crampi e dolori addominali, quindi nausea, vomito e diarrea che può durare persino una settimana.
VIRUS DI MARBURG: LA MAGGIOR INFETTIVITA’ DOPO UNA SETTIMANA
Dal quinto al settimo giorno può invece apparire un rash maculopapulare, ma non sono da escludere petecchie, emorragie mucosali e gastrointestinali. Il tasso di mortalità è altissimo, dal 24 all’88 per cento a seconda del ceppo virale e delle cure, e al momento non esiste ancora un vero e proprio trattamento per il virus Marburg: chi ne viene colpito viene curato con l’assunzione di molti liquidi per via orale o endovenosa.
Il virus è trasmesso solitamente alle persone dai pipistrelli della frutta, e avviene tramite il contatto diretto con sangue o altri fluidi corporei di un soggetto infetto, o il contatto indiretto tramite superfici o oggetti contaminati come ad esempio vestiti, lenzuola e attrezzature mediche. Infine c’è da sapere che il rischio di trasmissione è più elevato durante le ultime fasi della malattia, nonché in presenza di vomito, diarrea o emorragie.